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Il Seicento - Coggle Diagram

- - - - L'Accademia della Crusca deve il suo nome e la sua iconografia a un'allegoria linguistica legata alla panificazione, scelta per rappresentare la sua missione: purificare la lingua italiana, separando la parte "nobile" da quella "impura"
        
        Perché "Crusca"
        
        Crusca è il residuo della macinazione del grano, cioè la parte scartata quando si produce la farina pura
        
        Gli accademici adottarono questa metafora per indicare il loro lavoro di "setacciatura" della lingua, eliminando le espressioni corrotte o inutili per conservare solo il "fior di farina"
        
        Il simbolismo dell'Accademia
        
        Tutta l'iconografia della Crusca ruota attorno al mondo del grano e del pane, con riferimenti giocosi ma profondi
        
        I membri come "crusconi"
        
        I fondatori si definivano scherzosamente "crusconi", ma il loro obiettivo era elevare la lingua. Ogni accademico adottava un soprannome legato al pane o alla farnia
        
        La pala da forno
        
        Lo stemma dell'Accademia raffigura una pala da forno con il motto: "Il più bel fior ne coglie"
        
        Il frullone
        
        L’oggetto più emblematico è il frullone, un setaccio usato per separare la farina dalla crusca. Diventò il simbolo dell'operazione linguistica dell'Accademia: filtrare le parole, trattenendo solo quelle degne di far parte della lingua illustre
        
        Rituali e tradizioni interne
        
        L'Accademia aveva anche una dimensione quasi iniziatica, con cerimonie umoristiche ma significative
        
        L'ingresso dei nuovi membri: Dovevano sottoporsi a una finta cerimonia di "purificazione", in cui venivano simbolicamente "setacciati" per essere ammessi
        
        Il "pellegrino": Una figura fittizia rappresentava chi non seguiva le regole della Crusca ed era oggetto di scherno
    - - Il Vocabolario degli Accademici della Crusca, pubblicato nel 1612 a Venezia, fu il primo grande dizionario della lingua italiana e un modello per tutta la lessicografia europea
        
        Radici del progetto
        
        L'idea di un vocabolario nazionale affondava le sue radici nel vivace dibattito cinquecentesco sulla Questione della lingua. Mentre molti intellettuali discutevano su quale forma di volgare adottare come modello, l'Accademia della Crusca scelse una strada concreta: dimostrare attraverso i fatti la superiorità del fiorentino trecentesco
        
        L'ispirazione veniva dalle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo e dal memoriale della lingua italiana di Leonardo Salviati, ma con una fondamentale differenza: si trattava di una applicazione pratica che avrebbe fissato norme e lessico per le generazioni future-
        
        Un'opera rivoluzionaria
        
        Il Vocabolario si presentava come un'impresa senza precedenti. GLi accademici lavorarono per anni spogliando le opere dei grandi autori del Trecento, ma anche di altri scrittori minori come Guittone d'Arezzo o Cino da Pistoia. L'organizzazione era rigorosamente alfabetica, scelta innovativa per l'epoca. Ogni voce comprendeva:
        
        esempi d'autore che ne dimostrassero l'uso corretto
        
        eventuali varianti grammaticali
        
        Una definizione concisa
        
        Luci e ombre dell'impresa
        
        L'opera suscitò immediatamente ammirazione ma anche aspre polemiche. Da un lato, rappresentava il primo tentativo di standardizzazione della lingua italiana, con un'influenza che si sarebbe estesa che oltre i confini nazionali. Dall'altro, il rigido purismo della Crusca mostrava evidenti limiti
        
        Escludeva sistematicamente forestierismi e neologismi
        
        dava scarso spazio alla lingua viva e ai termini tecnico-scientifici
        
        Ignorava i contributi delle altre regioni italiane
    - - I modernisti e gli anti-puristi
        
        Alessandro Tassoni criticava il culto eccessivo dei trecentisti, sostenendo che la lingua dovesse evolversi con i tempi
        
        Giovan Battista Marino e i poeti barocchi rifiutavano il purismo della Crusca, preferendo uno stile ricco di metafore, concettosismi e sperimentalismi linguistici
      - II regionalisti e i difensori dei dialetti
        
        Molti autori, soprattutto al di fuori della Toscana, ritenevano che la Crusca imponesse un modello troppo fiorentino, trascurando le altre tradizioni linguistiche italiane
        
        Scrittori di dialetto o autori comici usavano volutamente un linguaggio lontano dall'italiano cruscante
      - I sostenitori del latino e delle lingue universali
        
        Alcuni eruditi, come Paolo Beni, criticavano l'eccessiva attenzione al volgare, sostenendo che il latino fosse la vera lingua della cultura e della scienza
        
        Altri, come Tommaso Campanella, proponevano addirittura una lingua filosofica universale, ritenendo l'italiano troppo legato a una tradizione locale
      - La satira anti-Crusca
        
        Giacomo Casanova, in epoca successiva, la definì sprezzantemente "un'accademia di pedanti"
        
        La Crusca fu spesso oggetto di satire, come quelle di Francesco Redi o Lorenzo Magalotti, che ironizzavano sull suo eccessivo pedantismo
- - - - La tradizione del latino
        
        Fino al Seicento, il latino era lingua dominante della scienza, della filosofia e della teologia, perché:
        
        Era universale, comprensibile in tutta Europa
        
        Garantiva precisione terminologica
        
        Era la lingua della Chiesa e delle università
      - La svolta: la scienza in volgare
        
        Nel 600, alcuni scienziati iniziarono a scrivere in italiano per:
        
        Sfidare l'autorita accademica
        
        Sperimentare un linguaggio più diretto e sperimentale
        
        Raggiungere un pubblico più ampio
    - - Galileo scelse l'italiano per opere fondamentali come:
        
        Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo - confronto tra sistema tolemaico e sopernicano
        
        Discorsi e dimostrazioni matematiche - fondamenti della fisica moderna
        
        Il Saggiatore - polemica sulla natura delle comete
      - Le caratteristiche del suo linguaggio erano:
        
        Chiarezza espositiva: evitò il linguaggio oscuro dei dotti, preferendo un italiano limpido
        
        Neologismi tecnici: coniò o adattò parole come "telescopio", "macchia lunare", "inerzia"
        
        Dialoghi vivaci: usò la forma dialogica per rendere la scienza più coinvolgente
        
        Metafore e analogie: es. paragonò l'universo a un "grandissimo libro scritto in lingua matematica"
    - - Oltre a Galileo, altri contribuirono all'evoluzione del linguaggio scientifico:
        
        Francesco Redi: usò un italiano elegante in "Esperienze intorno alla generazione dell'insetto"
        
        Marcello Malpighi: scrisse in latino, ma i suoi traduttori diffusero termini come "capillare", "tessuto"
        
        evangelista Torricelli: introdusse concetti come "vuoto" e "pressione atmosferica"
    - - L'uso del volgare nella scienza contribuì a
        
        Arricchire il lessico (tecnicismi, termini astratti)
        
        Sviluppare una sintassi più rigorosa (periodi complessi ma chiari)
        
        Diffondere la cultura scientifica al di fuori delle università
        
        Tuttavia, dopo la condanna di Galileo (1633), molti scienziati tornarono al latino per prudenza, rallentando questo processo
    - - Mentre in Italia il dibattito era acceso, in Europa
        
        Francese: già usato da Cartesio
        
        Inglese: in crescita con la Royal Society
        
        Tedesco: ancora marginale in ambito accademico
        
        L'italiano scientifico del '600 fu quindi all'avanguardia, prima di essere superato dal francese nel Settecento
- - - - La "Camerata de' Bardi" e la Nascita del Recitar Cantando
        
        Negli ultimi decenni del Cinquecento, a Firenze, un gruppo di intellettuali e musicisti (tra cui Vincenzo Galilei, padre di Galileo) si riuniva nella Camerata de' Bardi per discutere di musica e teatro. Il loro obiettivo era ricreare la tragedia greca, dove parole e musica erano uniti
        
        Il "recitar cantando": Nacque così un nuovo stile di canto che imitava la naturalezza del parlato, diverso dal contrappunto complesso della polifonia rinascimentale
        
        La prima opera: Dafne. Composta da Jacopo Peri su libretto di Ottavio Rinuccini, segnò la nascita del melodramma
      - L'euridice e la Consolidazione del Genere
        
        Scritta per le nozze di Maria de' Medici con Enrico IV di Francia, l'Euridice fissò i canoni del nuovo stile
        
        Testi in versi (endecasillabi e settenari)
        
        Linguaggio poetico ma chiaro, adatto alla recitazione cantata
        
        Uso di metafore e immagini mitologiche
    - - Claudio Monteverdi, con L'Orfeo, portò il melodramma a nuovi livelli artistici, introducendo
        
        Maggiore espressività: uso di dissonanze e stile concitato per le scene drammatiche
        
        Tenti più vari: alternanza di recitativi e arie
        
        lessico emotivo: parole come "lamento", "furor", "pianto" divennero centrali
      - La letteratura del libretto
        
        I librettisti svilupparono una vera e propria lingua del melodramma, caratterizzata da
        
        Versificazione rigorosa
        
        Uso di metafore e antitesi
        
        Dialoghi serrati
      - Il successo Europeo e la Diffusione dell'Italiano
        
        Grazie al melodramma, l'italiano divenne la lingua della musica colta in tutta Europa:
        
        Vienna, Parigi, Londra adottarono l'opera italiana
        
        Termini musicali italiani entrarono in altre lingue (aria, soprano, adagio)
        
        I cantanti italiani erano ricihesti in tutte le corti
        
        Critiche e Polemiche
        
        Non tutti apprezzavano il melodramma:
        
        I puristi della Crusca lo consideravano troppo "teatrale" e poco letterario
        
        Alcuni filosofi (come Rousseau) criticavano l'eccessiva artificiosità
    - - Il melodramma contribuì a:
        
        Arricchire il lessico emotivo e musicale
        
        Standardizzare una forma di italiano cantato comprensibile in tutta italia
        
        Esportare l'italiano come lingua dell'arte e della cultura
- - - - Al cuore della poetica barocca stava il concetto di "meraviglia", teorizzato da Giovan Battista Marino, massimo esponente del movimento. I poeti barocchi costruivano i loro versi come
        
        Architettura concettuale: dovevano sorprendere il lettore con accostamenti
        
        Gioielli linguistici: curatissimi nella forma, ricchi di figure retoriche
        
        Macchine emotive: capaci di suscitare forti reazioni nel lettore
    - - I versi si arricchivano di:
        
        Metafore ardite: paragoni inaspettati che univano realtà lontane
        
        Antitesi e ossimori: contrasti stridenti per creare tensione
        
        Iperboli: esagerazioni che dilatavano la realtà
        
        Allitterazioni e giochi di parole: virtusismi fonetici
    - - La poesia barocca esplorava:
        
        L'amore: non più idealizzato come in Petrarca, ma sensuale e crudele
        
        La caducità: teschi, fiori appassiti, clessidre per rappresentare il tempo che fugge
        
        La natura: descritta come teatro di meraviglie
        
        L'illusione: maschere, specchi, sogni per indagare il rapporto tra apparenza e la realtà
    - - Tra i massimi esponenti:
        
        Giovan Battista Marino: il "re dei poeti", autore dell'imponente Adone
        
        Ciro di Pers: cantore di temi macabri e religiosi
    - - Sebbene criticato nel Settecento per la sua eccessiva artificiosità, il Barocco:
        
        Ampliò i confini espressivi della lingua italiana
        
        Influenzò profondamente l'opera litica
        
        Anticipò molte tecniche della poesia moderna
        
        Lasciò in eredità un vocabolario ricchissimo di immagini e metafore