Please enable JavaScript.
Coggle requires JavaScript to display documents.
Psicologia e analisi 6 - Coggle Diagram
Psicologia e analisi 6
- Descriva cosa valuta la scala della sensibilità delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000) “Questa scala misura la capacità del caregiver di cogliere i segnali emotivi e comportamentali del bambino, di interpretarli correttamente e di rispondere in modo adeguato e tempestivo. In pratica valuta quanto il genitore sia in grado di restituire al bambino uno specchio empatico, adattando tono di voce, sguardo e gesti per sostenere il suo stato emotivo e favorire la regolazione affettiva.”
- Illustri il costrutto di disponibilità emotiva
La disponibilità emotiva è un costrutto diadico: non riguarda solo il genitore, ma l’interazione reciproca con il bambino. Comprende la capacità di ciascuno di esprimere, percepire e regolare le emozioni in un dialogo continuo. Non è un semplice trasferimento unidirezionale, ma una co-regolazione, dove entrambi influenzano e modellano il comportamento affettivo dell’altro.”
Quali sono le dimensioni relative al bambino delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000)? Le descriva
Responsività: indica quanto il bambino risponde in modo coerente e adeguato alle iniziative affettive del genitore. Un bambino responsivo può, per esempio, sorridere in risposta a un sorriso materno o calmarsi se la madre parla con voce rassicurante.
Coinvolgimento: valuta l’iniziazione e il mantenimento dell’interazione da parte del bambino. Qui osserviamo se il piccolo cerca attivamente il contatto, offre giochi o si dimostra curioso, segno che si sente al sicuro e desidera condividere l’esperienza emotiva.
Quali sono i principali elementi di differenziazione del costrutto di disponibilità emotiva rispetto al costrutto di sensibilità materna?
Reciprocità: la sensibilità materna si concentra unicamente sulla risposta del genitore ai bisogni emotivi, mentre la disponibilità emotiva include anche la risposta e l’iniziativa del bambino.
Pluralità di dimensioni: oltre alla sensibilità, considera strutturazione, non-intrusività e non-ostilità, offrendo una visione più ampia della relazione.
Co-regolazione: insiste sull’idea che genitore e bambino si influenzino a vicenda, non siano semplicemente soggetto e oggetto.
Quali sono le dimensioni investigate dal costrutto di disponibilità emotiva rispetto al comportamento della madre? Le descriva
Sensibilità: cattura la capacità di percepire, interpretare e rispondere caldamente ai segnali del bambino.
Strutturazione: misura quanto il genitore organizza l’ambiente e la situazione di gioco in modo da sostenere la curiosità e l’apprendimento del bambino (“scaffolding”).
Non-intrusività: valuta il rispetto dei ritmi e degli spazi del bambino, evitando di forzare o sovrastimolare l’interazione.
Non-ostilità: verifica l’assenza di atteggiamenti negativi, come sarcasmo, irritazione o punizioni emotive, che possono destabilizzare il bambino.
- Quali sono le dimensioni relative al genitore delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000)? Le descriva
Sensibilità: risposta empatica e adeguata ai bisogni emotivi.
Strutturazione: capacità di orientare l’esperienza del bambino con supporto e organizzazione dell’ambiente.
Non-intrusività: rispetto dell’autonomia del bambino senza interferenze eccessive.
Non-ostilità: mantenimento di un clima affettivo privo di ostilità, rabbia o frustrazione.
- Descriva cosa valuta la scala coinvolgimento delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000)
Misura la motivazione del bambino a partecipare all’interazione. Si osserva se il piccolo offre giochi, bussa le mani, sorride o utilizza altri segnali per sollecitare il genitore, a indicare un’attitudine proattiva nel rapporto affettivo.”
- Descriva cosa valuta la scala della responsività delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000) Valuta quanto il bambino riconosce e accoglie le proposte affettive della madre: per esempio, se si volge verso di lei quando la chiama, o se risponde con un suono o un gesto a un tentativo di contatto.”
Descriva cosa valuta la scala non ostilità delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000) “Esamina l’assenza di comportamenti ostili o irritati nel genitore—niente sguardi severi, commenti pungenti o gesti di frustrazione. Anche il tono di voce e il linguaggio non verbale devono risultare calmi e rassicuranti, per garantire un clima emotivo sereno.”
- Descriva cosa valuta la scala non intrusività delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000)
Questa scala misura la capacità del genitore di sostenere il bambino senza invadere i suoi spazi fisici ed emotivi. In pratica si osserva se la madre è in grado di regolarsi rispetto ai ritmi e ai segnali di autonomia del piccolo: ad esempio, sa aspettare che il bambino esplori da solo prima di intervenire, non impone il proprio gioco né corregge in modo eccessivo, e permette all’interazione di fluire secondo i tempi del bambino.”
- Descriva cosa valuta la scala della strutturazione delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000)16. Descriva cosa valuta la scala della strutturazione delle Emotional Availibilty Scales (Biringen et al.,2000)
: “La strutturazione valuta quanto il caregiver sia capace di organizzare e scaffoldare l’esperienza del bambino. Ciò significa mettere a disposizione materiali, suggerire attività adatte al suo livello di sviluppo e guidarlo dolcemente per favorire il gioco e l’apprendimento. Un buon punteggio indica una madre che crea un ambiente sicuro e stimolante, offrendo supporto quando serve ma lasciando spazio al bambino per sperimentare.”
- Delineazione dei risultati principali della meta-analisi di van IJzendoorn (1995) e contributo di risposta più interessante
Nel 1995, Van IJzendoorn pubblicò una meta-analisi che rimane tuttora un punto di riferimento per chi studia la trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento. Riassumendo i dati di numerosi studi, egli osservò innanzitutto un legame di ampiezza moderata tra lo stile di attaccamento degli adulti, valutato attraverso l’Adult Attachment Interview (AAI), e quello dei loro figli: in termini statistici, la correlazione media si aggira intorno a 0,30–0,35. In pratica, questo significa che le madri classificate come “sicure” nell’AAI tendono ad avere una percentuale molto più alta di figli “sicuri” rispetto a quanto ci si aspetterebbe per puro caso.Tuttavia, Van IJzendoorn notò che questo effetto non è uniforme: variazioni di cultura, livello socio-economico e caratteristiche del temperamento infantile ne influenzano l’intensità. In contesti svantaggiati o in gruppi etnici differenti, ad esempio, il grado di corrispondenza tra AAI materna e attaccamento infantile tende a essere leggermente inferiore. Inoltre, i bambini “dalla regolazione più difficile” mostrano pattern di trasmissione meno stabili. Un altro aspetto chiave della meta-analisi riguarda il ruolo della sensibilità materna—cioè la capacità di percepire e rispondere ai bisogni emotivi del bambino. Van IJzendoorn riscontrò che questa sensibilità mediava soltanto una parte del legame genitori-figli, coprendo circa il 25–30% dell’effetto complessivo. È da qui che nasce il famoso “transmission gap”: sappiamo che c’è una connessione significativa tra AAI e sicurezza nei figli, ma non possiamo spiegarla interamente con la sola osservazione del comportamento materno.Fra le proposte che hanno cercato di colmare questo gap, trovo particolarmente interessante il contributo del costrutto di Reflective Functioning sviluppato da Fonagy e collaboratori nei primi anni Duemila. Mentre le scale di sensibilità guardano a cosa la madre fa, il Reflective Functioning si concentra su come la madre pensa e mentalizza le proprie emozioni e quelle del bambino. In altre parole, misura la capacità di mettere in parole e riflettere sui vissuti interiori—sia propri che altrui—attraverso criteri di coerenza narrativa e profondità di comprensione mentale. Questa prospettiva ha arricchito il modello di Van IJzendoorn mostrando che, a parità di sensibilità osservata, le madri con un alto livello di funzionamento riflessivo trasmettono ai figli una maggiore sicurezza. Di conseguenza, l’attenzione non si è più focalizzata solo sul comportamento materno, ma anche sugli aspetti rappresentazionali e cognitivi delle relazioni affettive, aprendo la strada a interventi clinici basati sulla mentalizzazione. A mio avviso, questo spostamento di focus dal “fare” al “pensare” è la chiave per comprendere più a fondo come si costruisce e si trasmette la sicurezza emotiva fra generazioni.
- Caratteristiche dello “Stato della Mente” Irrisolto (Unresolved)
Lo stato di “Unresolved/Disorganized” si manifesta quando l’adulto mostra evidenti lapsus temporanei nella coerenza narrativa mentre parla di esperienze di perdita o abuso. Il racconto può divenire improvvisamente onirico, frammentato o carico di emozioni incontrollate (pianto, rabbia, tono vacillante), segno che il soggetto non ha pienamente elaborato il trauma. Spesso emergono inversioni di ruolo, come se il parlante riversasse sul bambino parti del proprio dolore non risolto, oppure compare un contrasto marcato tra ciò che dice (“non mi ha toccato”) e il modo in cui lo dice (fissità dello sguardo, tensione). In esame si valuta inoltre la presenza di comportamenti non verbali disorganizzati (pausa prolungata, cambi improvvisi di postura) che tradiscono un conflitto interiore irrisolto.
- Classificazione dei Modelli Operativi Interni nella Adult Attachment Interview
Mary Main e colleghi definiscono quattro categorie principali, basate su coerenza, strategia difensiva e qualità dell’elaborazione emotiva:
Sicuro-Autonomo (F/A): narrazione coerente, equilibrata e riflessiva.
Distanziante (Ds/A): tendenza all’idealizzazione o alla svalutazione (“Non ricordo”, “Non è stato un problema”), con minimizzazione dell’importanza dell’attaccamento.
Preoccupato (E): discorso confuso o iper-coinvolto, ricco di dettagli emotivi ma privo di un’organizzazione logica stabile.Irrisolto/Disorganizzato (U): incoerenze e lapsus in corrispondenza di ricordi traumatici o lutti non integrati, con elementi di disorientamento.
- Stato della Mente Distanziante (Dismissing)
Il Distanziante tende a minimizzare l’importanza delle relazioni di attaccamento: idealizza i genitori senza fornire esempi concreti, o al contrario svaluta l’attaccamento come “non così rilevante”. Il racconto appare brevissimo e scarno, con numerose assenze di memoria (“Non ricordo quasi nulla”) e frasi fatte. C’è un uso marcato di strategie difensive di rimozione o razionalizzazione (es. “Anche se ero piccolo, me la cavavo da solo”), che distanzia emotivamente il narratore dai contenuti dolorosi.
- (ripresa) Classificazione dei Modelli Operativi Interni nella AAI
Come già descritto, la AAI distingue quattro modelli:
Sicuro-Autonomo: narrazione equilibrata e coerente, riconoscimento dell’importanza dei genitori
Distanziante: minimizzazione o svalutazione dei legami, scarso accesso ai ricordi
Preoccupato: iper-coinvolgimento emotivo, discorso confuso e pieno di dettagli sensoriali
Irrisolto/Disorganizzato: lapsus e incoerenze sotto stress emotivo, segni di trauma non integrato
- Stato della Mente Preoccupato (Preoccupied)
Il soggetto Preoccupato è ancorato ai ricordi infantili e li rielabora con forte carico emotivo, manifestando rabbia, ambivalenza o nostalgia. Il discorso è ricco di dettagli affettivi (come sensazioni di abbandono o gelosia) ma manca di un ordine logico stabile: il parlante va “off topic” e torna su episodi precedenti in modo circolare. Spesso emergono inversioni di ruolo, con il narratore che descrive genitori emotivamente dipendenti o disfunzionali, quasi a ricercare conforto o giustificazioni per le proprie difficoltà.
- Stato della Mente Sicuro-Autonomo (Secure-Autonomous)
Nel modello Sicuro-Autonomo il racconto è coerente, lineare e ben organizzato: si riconosce l’influenza dei genitori sia nei momenti positivi sia in quelli difficili, senza cadere nell’idealizzazione o nella svalutazione. Il parlante mostra capacità di riflessione sulle proprie esperienze affettive, ammettendo punti di vista diversi e contraddizioni senza esserne sopraffatto. Emergono esempi concreti che illustrano la qualità del legame e un tono emotivo calibrato, segno di una piena integrazione tra esperienza vissuta e rappresentazione mentale.
- Stato della Mente Distanziante (ripetuto)
Come illustrato nella risposta all’8, il Distanziante difende la propria autonomia emotiva attraverso la minimizzazione dell’attaccamento, la scarsità di dettagli autobiografici e l’uso di strategie di rimozione e idealizzazione che mantengono uno stile narrativo freddo e distaccato.
- Lapsus nel monitoraggio del discorso alla AAI
I lapsus nel monitoraggio del discorso si manifestano quando, durante l’Adult Attachment Interview, l’intervistato perde temporaneamente la capacità di mantenere un flusso narrativo coerente e connesso al tema. Sono indicatori di disorganizzazione nel racconto e appaiono soprattutto in corrispondenza di argomenti carichi di emozione, come perdite o traumi. Tra i segnali più tipici troviamo:
Pausa prolungata e silenzi inspiegabili, prima di cambiare argomento o trattare la stessa esperienza in modo completamente diverso;
Deviazioni tematiche improvvise, ossia passaggi ad argomenti non correlati senza alcuna transizione logica;
Ripetizioni o riformulazioni circolari dello stesso concetto, come se il narratore non riuscisse a trovare il filo del discorso;
Disfluenze marcate (um, ehm, “non so”), usate in modo eccessivo o inappropriato al contesto.
Questi lapsus segnalano un’interruzione momentanea del “monitor” interno che regola quanto e come parliamo delle nostre esperienze affettive, indicando uno stato di mente non pienamente integrato.
- Lapsus nel monitoraggio del ragionamento alla AAI
I lapsus nel monitoraggio del ragionamento emergono quando l’intervistato esprime idee o giudizi che si contraddicono, senza riconoscerne la discrepanza. Tali incoerenze rivelano difficoltà profonde nell’organizzare logicamente i propri pensieri riguardo a perdite o traumi. Esempi ricorrenti comprendono:
Contraddizioni esplicite, come affermare contemporaneamente “non ero presente” e poi descrivere dettagli precisi della scena della morte di un genitore;
Collocazioni temporali multiple dello stesso evento traumatico (“è successo a otto anni” e “in realtà fu a dieci”);
Attribuzioni impossibili, per cui la persona morta viene descritta come “viva” in senso letterale senza spiegazioni simboliche;Dichiarazioni di colpa senza fondamento, ad esempio “mi sento responsabile per quell’incidente” pur non essendoci alcun legame causale.
Questi lapsus mostrano che il soggetto non sta semplicemente dimenticando o omettendo parti del racconto, ma ha un senso di realtà frammentato quando tenta di riflettere su esperienze dolorose.
- Somiglianze e differenze tra gli stati della mente “Dismissing” e “Hostile”
Somiglianze;
Entrambi appartengono alle forme di insicurezza di attaccamento e si caratterizzano per l’uso di strategie difensive che proteggono il sé emotivo.
In entrambi i casi il narratore tende a minimizzare o a controllare il proprio coinvolgimento emotivo:
I Dismissing lo fanno tramite rimozione e idealizzazione vaga (“era tutto ok, non ricordo problemi”);
Gli Hostile con svalutazione e rabbia rivolta verso il caregiver (“mia madre era inutile, non sapeva prendersi cura di me”).Differenze:
Lo stato Dismissing è segnato da un’assenza di carica emotiva esplicita: il discorso è scarno, astratto, con pochi esempi concreti e frequenti “non ricordo”. Qui l’obiettivo è proteggere se stessi da sentimenti dolorosi tramite distacco e idealizzazione astratta.Lo stato Hostile, pur condividendo la svalutazione, si caratterizza per la presenza di emozioni negative molto espresse: rabbia, rancore e talvolta desiderio di vendetta. Il narratore descrive il caregiver come colpevole o inadeguato, spesso con dettagli aspri e diretti.
Nei Dismissing la difesa mira a mantenere un’immagine di sé autonoma e non bisognosa; negli Hostile la difesa prende la forma di un attacco proattivo al caregiver, come strategia per gestire il proprio senso di vulnerabilità attraverso l’aggressività.In sintesi, mentre entrambi gli stili ostacolano una rappresentazione coerente delle relazioni di attaccamento, il Dismissing lo fa tramite indifferenza emotiva, e l’Hostile tramite espressione attiva di rabbia e rancore.
- Chi sono gli autori che hanno codificato lo stato della mente HH e perché?
Lo stato della mente “Hostile–Helpless” (HH) è stato codificato da Mary Target, Peter Fonagy e Patricia Crittenden, in collaborazione con Jean Lyons-Ruth e colleghi, a partire dagli anni Novanta. Il loro obiettivo era colmare una lacuna del sistema Main & Hesse: la AAI tradizionale non catturava adeguatamente gli effetti di traumi relazionali cronici (abusi, negligenza protratta, fallimenti di cura), che producono rappresentazioni interne sia ostili sia profondamente impotenti nei confronti dei caregiver. Lo schema HH è dunque nato per riconoscere e misurare queste combinazioni di rabbia irrisolta e senso di sopraffazione che altrimenti sfuggivano alle categorie “Unresolved”, “Dismissing” o “Preoccupied.”
- Cosa si intende per stato della mente HH?
Lo stato della mente “Hostile–Helpless” descrive adulti la cui narrazione dell’infanzia coniuga contraddittoriamente due strategie difensive:
Hostile: espressione diretta di rabbia, rancore e accusa verso il caregiver (“mia madre mi maltrattava senza motivo”).
Helpless: vissuto di profonda impotenza e vittimizzazione, spesso identificato con il ruolo del bambino incaricato di prendersi cura di un genitore disfunzionale.
Il racconto HH alterna toni arrabbiati a sequenze in cui il narratore si sente privo di risorse, confuso e dipendente, senza riuscire a integrare coerentemente queste esperienze.
- Nel caso in cui uno psicologo fosse interessato a verificare gli esiti di esperienze traumatiche relazionali sull’attaccamento dei soggetti adulti, quale strumento potrebbe utilizzare, quale sistema di codifica? Motivi le ragioni della sua scelta.
Uno psicologo in cerca di indicatori dei traumi relazionali cronici dovrebbe usare l’Adult Attachment Interview con codifica Hostile–Helpless (HH).
Perché l’AAI standard: già indaga profondamente le rappresentazioni di attaccamento infantile nell’adulto, ma tipicamente si ferma a coerenza, riferimento al caregiver e gestione difensiva.
Perché la codifica HH: è stata ideata proprio per rilevare pattern disorganizzati legati ad abusi protratti e inversioni di ruolo, che producono sia rabbia aperta sia senso di impotenza, aspetti centrali nei traumi relazionali.
In questo modo, il clinico ottiene una misurazione sensibile sia alla qualità narrativa sia alle ambivalenze emotive tipiche delle vittime di maltrattamento.
- Illustri il sistema di codifica “Ostile–Impotente” della Adult Attachment Interview proposto da Lyons-Ruth et al. (2005).
Il sistema HH di Lyons-Ruth e collaboratori distingue due sottotipi principali:
Hostile: il narratore esprime rabbia diretta verso il caregiver, con giudizi aspri e accuse (“mi ha fatto del male apposta”), mostrando scarso controllo emotivo. Le descrizioni sono spesso dettagliate e cariche di rancore.
Impotent: il narratore assume il ruolo di vittima, evidenziando sentimenti di abbandono, vulnerabilità e autosvalutazione. Talvolta descrive inversioni di ruolo, in cui, da bambino, doveva “prendersi cura” di un genitore emotivamente disfunzionale.
Molti intervistati HH mostrano passaggi repentini tra le due modalità, riflettendo una rappresentazione interna del caregiver frammentata e traumatica.
- Descriva lo stato della mente di tipo “Ostile.”
Nel sottotipo Ostile il discorso è dominato da:
Esplicita rabbia e risentimento verso il caregiver.
Accuse dettagliate, con esempi concreti di negligenza o abuso.
Strategie difensive aggressive: si svaluta la figura genitoriale per proteggere sé stessi, anziché minimizzarne l’importanza (come nel dismissing).
Coerenza narrativa spesso preservata, ma intrisa di rancore, senza apertura alla complessità emotiva né riconoscimento dei propri sentimenti vulnerabili.
- Descriva lo stato della mente di tipo “Impotente.”
Nel sottotipo Impotente emergono:
Profonda vulnerabilità e senso di abbandono, raccontati con toni depressivi o ansiosi.
Identificazione con il caregiver bisognoso, come se il bambino fosse stato costretto a prendersi cura di un genitore emotivamente carente.
Autosvalutazione: il narratore si definisce indegno d’affetto, colpevole.
Coerenza intermittente: il discorso può risultare logico, ma è pervaso da sentimenti di impotenza difficili da integrare in una narrativa pienamente autonoma
- Chi è la “madre Mind-Minded”?
La cosiddetta “madre Mind-Minded” è quella che, sin dai primi mesi di vita del bambino, lo considera non solo un organismo reattivo, ma un vero e proprio agente mentale dotato di pensieri, desideri e intenzioni proprie. In pratica:
Attribuisce continuamente stati mentali al bambino (“Vedo che sei curioso di quel giocattolo”, “Pare che tu ne abbia abbastanza”) anziché focalizzarsi soltanto sui suoi comportamenti esteriori.
Usa un linguaggio che riflette e rispecchia lo stato interno del piccolo, creando uno “specchio verbale” delle sue emozioni e motivazioni.
Grazie a questa attenzione, favorisce lo sviluppo della regolazione emotiva e della teoria della mente infantile.
- Cosa si intende per “transmission gap”?
Il “transmission gap” è il divario che rimane tra la forza della correlazione riscontrata fra lo stato di organizzazione dell’attaccamento nei genitori (misurato con l’AAI) e quello dei loro figli, e la porzione di questa correlazione spiegata dalla sensibilità materna. In altre parole:
Studi meta-analitici (es. van IJzendoorn, 1995) hanno mostrato un legame moderato (r ≃ .30) fra l’Adult Attachment Interview dei genitori e lo stile di attaccamento dei bambini.
Circa il 25–30% di questo legame può essere ricondotto alla sensibilità osservata del caregiver, ma il restante 70–75% rimane inspiegato se consideriamo solo la capacità di risposta comportamentale.
Da qui l’esigenza di introdurre nuovi costrutti (reflective functioning, mind-mindedness, fattori biologici o contestuali) per colmare il gap.
- Cosa si intende per “Mind-Mindedness”?
Il termine “mind-mindedness” descrive la tendenza del caregiver a trattare il bambino come un interlocutore mentale, ossia a:
Riconoscere e nominare i suoi stati interni — emozioni, intenzioni, desideri — tramite commenti e interpretazioni verbali.
Adeguare le proprie risposte affettive non solo alle azioni (pianto, sorriso) ma alle motivazioni che si suppone stiano alla loro base.
Scorrelare questa capacità dalla mera “sensibilità comportamentale”: un genitore può rispondere prontamente ai bisogni del bambino ma non diventare “mind-minded” se non etichetta e riflette sui suoi stati mentali.
Numerose ricerche indicano che un’elevata mind-mindedness predice una maggior sicurezza nel bambino e uno sviluppo più rapido delle sue competenze socio-cognitive.
- Come viene valutata la Mind-Mindedness a 1 anno?
La Mind-Mindedness viene misurata osservando la diade madre-bambino in un contesto di gioco o cura (tipicamente 10–20 minuti) quando il piccolo ha circa 12 mesi. Il ricercatore trascrive tutti i commenti materni durante l’interazione e li codifica in due categorie principali (mind-related vs. non mind-related). Quindi si calcola un indice di Mind-Mindedness: il rapporto tra commenti mind-related appropriati e totale dei commenti, o il numero di commenti mind-related per minuto. Un punteggio elevato indica una madre che frequentemente parla al bambino come a un agente con pensieri ed emozioni propri.
- Quali sono i criteri per i commenti mind-related appropriati?
Contingenza allo stato mentale in atto: il commento deve riferirsi a ciò che il bambino sembra pensare o sentire in quel preciso momento (es. “Stai cercando di afferrare il cucchiaio”).
Accuratezza plausibile: la formulazione deve essere coerente con il comportamento osservato e non una pura congettura fuori contesto.
Spiegazione dell’azione: collega lo stato mentale al comportamento effettivo e, quando è possibile, agli scopi futuri o passati (“Forse sei stanco dopo aver giocato tre volte di fila”).
Non intrusività: il commento non deve spingere il bambino verso un’azione, ma semplicemente riconoscere e verbalizzare il suo stato interno.
Sostegno alla regolazione: suggerisce delicate strategie per proseguire l’interazione (“Vuoi che ti aiuti a mettere insieme questi blocchi?”).
- Descriva i commenti Mind-Related
I commenti mind-related sono quelli in cui la madre attribuisce esplicitamente al bambino stati mentali:
Emozioni: “Vedo che ti senti frustrato perché il giocattolo non si apre.”
Desideri/Preferenze: “Vorresti la palla rossa invece di quella blu?”
Credenze/Stati epistemici: “Forse pensi che questo libro sia noioso.”
Intenzioni/Obiettivi: “Sembra che tu voglia costruire una torre alta.”
Questi commenti mostrano che il caregiver considera il figlio un interlocutore mentale capace di pensieri e sentimenti propri.