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PIRANDELLO 5 - Coggle Diagram
PIRANDELLO 5
Tutto il mondo sociale è descritto come falso e opprimente, soprattutto per la piccola borghesia, che vive chiusa nei suoi ruoli e convenzioni. I suoi personaggi si sentono prigionieri:
Serafino Gubbio da un lavoro meccanico,
Vitangelo Moscarda da un’identità che non gli appartiene,
Mattia Pascal è schiacciato dalla famiglia,
Enrico IV da una società ipocrita,
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La vera libertà non sta nel cambiare forma, ma nel uscirne del tutto. Ci sono solo due vie di fuga:
Vivere ai margini della società, fuori dagli schemi.
Superare la razionalità, rifugiandosi nell’infanzia, nell’immaginazione o nella pazzia.
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Le istituzioni come la famiglia e il lavoro sono viste come trappole. Anche i legami più stretti nascondono spesso crudeltà e ipocrisie, causando dolore soprattutto alle persone più sensibili.
Dare una forma alla vita, però, per Pirandello significa ucciderla. L’individuo, costretto a recitare ruoli sociali (in famiglia, al lavoro...), indossa maschere che soffocano la sua autenticità.
Queste maschere servono a dare coerenza a una realtà che invece è incerta e contraddittoria, ma creano una prigione di apparenze e falsità.
Secondo Pirandello, la vita è un flusso continuo e mutevole, che non sopporta limiti o costrizioni. Al contrario, le convenzioni sociali cercano di bloccare questo flusso in forme fisse, creando un'illusione di stabilità e verità assoluta.
Pirandello, infatti, non mostra fiducia nei rapporti familiari: il nido domestico, a differenza di Pascoli, non protegge, ma genera problemi e conflitti.
Tutti tentano, invano, di liberarsi dalle "forme" in cui sono costretti.
La pazzia, per Pirandello, è una forma di salvezza: permette di vedere la realtà in modo diverso, smascherando l’assurdità e le finzioni della vita normale.
Il folle, anche se isolato e considerato strano, diventa libero, recupera il contatto con la vita autentica e guarda il mondo da una posizione "esterna".