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PLINIO IL GIOVANE - Coggle Diagram
PLINIO IL GIOVANE
Vita
Figlio di un Cecilio e di una sorella di Plinio il Vecchio, fu adottato da questo dopo la morte del padre.
Quando anche Plinio il Vecchio morì nel 79, Plinio il Giovane si ritrovò erede di possedimenti in Etruria e in Campania.
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Studiò a Roma e fu allievo di Quintiliano, il più illustre retore dell'epoca. A diciott'anni iniziò l'attività forense; fece poi una brillante cartiera politica rivestendo varie cariche sotto Domiziano e giungendo al consolato (come consul suffectus) sotto Traiano, nell'anno 100 d.C.
Amico personale dell'imperatore che lo volle nel suo consilium principis, nel 110 o 111 fu da lui nominato legato, cioè governatore, in Bitinia, dove, con ogni probabilità, morì nel 112 o nel 113.
Oratore assai rinomato, pubblicò discorsi giudiziari ed epidittici non ci sono pervenuti. Scrisse inoltre elegie, endecasillabi falecei ed epigrammi,inserendosi nella tradizione della poesia come lusus (passatempo, svago).
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Si tratta in realtà di un vero e proprio panegirico dell'imperatore e con nei secoli successivi divenne un modello di letteratura encomiastica.
L'unica orazione di Plinio conservata è il discorso di ringraziamento che egli, secondo l'uso, pronunciò in senato assumendo la carica di console, il 1 settembre dell'anno 100 e che poi rielaborò e ampliò per pubblicarla.
In una lettera Plinio spiega il suo proposito di delineare nella sua opera la figura dell'imperatore ideale, il modello del sovrano perfetto, che ritiene si sia incarnato in Traiano.
Sono quindi esaltate le straordinarie qualità di Traiano come comandante militare, la sua generosità e munificenza, la sua affabilità e la sua modestia.
L'imperatore viene presentato all'inizio come un grande dono fatto dagli dei ai Romani, un reggitore dalla volontà divina, per il bene dell'impero e dotato di qualità che lo rendono assai simile a una divinità anche se egli, nella sua modestia e nel suo rispetto delle istituzioni, non pretende (come Domiziano, l'odiato predecessore) onori divini.
Vengono poi rievocate le vicende che portano alla sua elezione all'impero; Plinio elogia il metodo della successione per adozione, che consente di scegliere, come in questo caso, il migliore tra i cittadini.
Plinio si compiace in particolare per l'esemplare punizione inflitta ai delatori e per l'abolizione del reato di lesa maestà.
Alle colpe e ai delitti di Domiziano, presentato come un bieco tiranno, l'oratore contrappone le eccelse virtù, pubbliche e private e i saggi provvedimenti, dell'optimus princeps.
La giustizia e la clemenza in cui Traiano eccellono e la fiducia e l'affetto che lo legano al senato e al popolo garantiscono all'impero un futuro di pace e di prosperità.
L'oratore dà il massimo risalto al rispetto dimostrato da Traiano per le magistrature (il consolato in primo luogo) e per il senato, sottolineando la perfetta armonia che regna tra il principe e i senatori.
È evidente che tra gli scopi principali di Plinio vi è quello di incoraggiare la politica filo senatoria di Traiano, che garantisce onori e privilegi alla classe a cui egli stesso appartiene.