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La seconda sofistica - Coggle Diagram

- - - - Filostrato dice che il fondatore della seconda sofistica fu l’oratore Eschine (IV sec. a.C.), ma i veri protagonisti di questo movimento vissero nei primi tre secoli d.C
        
        I neosofisti erano oratori che eseguivano in pubblico discorsi finti e spettacolari (le declamazioni), spesso preceduti da brevi introduzioni
        
        Anche se questo tipo di oratoria esisteva già prima, con la seconda sofistica divenne un vero spettacolo pubblico, non più limitato alle scuole
        
        I discorsi trattavano temi vari (mitologia, etica, storia), ma sempre legati al passato glorioso della Grecia
        
        Lo scopo era doppio: mostrare bravura e ottenere l’applauso del pubblico. Oltre ai discorsi preparati, alcuni sofisti erano in grado di improvvisare, e questo era considerato il massimo livello dell’arte oratoria
        
        I neosofisti viaggiavano molto, avevano memoria eccezionale, si allenavano costantemente e guadagnavano fama e soldi. Erano molto colti e scrivevano in uno stile accurato, ispirato ai grandi autori greci del passato, come Omero, Aristofane, Platone e Demostene
        
        Non si limitavano alle orazioni, ma scrivevano anche lettere, poesie, testi filosofici e storici. Ad esempio, Filostrato chiama alcuni di loro “filosofi”, per il contenuto dei loro scritti
        
        Molti di loro erano anche insegnanti e fondavano scuole. Pur essendo legati ai libri e al passato, non erano isolati dalla realtà: grazie al loro prestigio, spesso avevano ruoli importanti nella società, come funzionari, ambasciatori o consiglieri dell’imperatore
- - - - Come tipico neosofista, viaggiava molto per tenere discorsi, scriveva su molti temi e aveva una vasta cultura. Sono arrivati fino a noi 80 suoi testi, anche se non tutti sono autentici
        
        Molti suoi scritti hanno un carattere filosofico, tanto che Filostrato lo definì più un “filosofo” che un sofista. Alcuni studiosi pensano che, durante l’esilio, si fosse convertito alla filosofia, ma altri ritengono che abbia sempre unito retorica e filosofia. I suoi autori preferiti erano Platone e Demostene
        
        Nei suoi testi si trovano riferimenti alla filosofia cinico-stoica e a Socrate. Scrisse anche discorsi con personaggi come Diogene, con cui si identificava durante l’esilio
        
        Alcuni suoi testi lodano la vita semplice di campagna e criticano quella cittadina, parlando anche di problemi politici e sociali
        
        scrisse anche discorsi immaginari, come uno in cui sostiene che Troia non fu mai conquistata dai Greci, andando contro Omero. Altri testi parlano di Omero, delle tragedie greche perdute o della scultura
        
        Fu anche autore di discorsi politici per migliorare i rapporti tra le città greche e Roma. Scrisse una storia dei Geti, oggi perduta
        
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- - - - Credeva che fosse il dio stesso a decidere i temi dei suoi discorsi. Soffriva di problemi psichici (forse ipocondria e nevrosi) e cercò la guarigione nel santuario di Asclepio a Pergamo, dove si curava attraverso sogni da interpretare
        
        Da questa esperienza nacquero i Discorsi sacri, una specie di diario personale e spirituale
        
        Fu ammirato anche dall’imperatore Marco Aurelio. Morì tra il 177 e il 187 d.C
        
        Ci sono arrivati più di cinquanta suoi scritti, tra cui discorsi storici, inni religiosi, orazioni politiche e anche testi poetici. Due discorsi importanti sono:
        
        • A Roma, in cui celebra la grandezza universale dell’Impero;
        • Panatenaico, un elogio solenne della cultura ateniese.
        
        I suoi Discorsi sacri raccontano in modo autobiografico la sua esperienza mistico-medica, e sono un raro esempio di testo personale nella letteratura greca, molto utile per capire la religiosità dell’epoca
        
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- - - - Verso i quarant’anni, Luciano cambiò direzione: lasciò un po’ da parte la retorica e cominciò a interessarsi seriamente alla filosofia. Si trasferì ad Atene, che considerava la vera patria degli intellettuali, e criticava Roma, che vedeva come una città ricca ma corrotta
        
        Continuò però a viaggiare: seguì l’imperatore Lucio Vero in Oriente e andò anche in Egitto per un incarico importante. Morì dopo il 180 d.C
        
        Luciano ha scritto circa 86 opere (non tutte sicuramente autentiche). Alcune sono esercizi di retorica: discorsi immaginari e brillanti, come Elogio della mosca o Il bagno, dove dimostra la sua fantasia e abilità con le parole. Anche in età avanzata continua a scrivere testi retorici
        
        Nella seconda parte della sua vita, Luciano si concentra sulla filosofia. Ma non si “converte” a una filosofia precisa: osserva il mondo dei filosofi con ironia e spirito critico, evidenziandone le contraddizioni e prendendo in giro i falsi sapienti
        
        Scrive dei dialoghi (come quelli di Platone), ma li rinnova in chiave comica: mescola filosofia e umorismo. Esempi famosi sono La vendita delle vite e Il pescatore, che imitano Platone ma con lo stile di Aristofane
        
        In Ermotimo il tono è più serio: alla fine, Luciano sembra dire che tutte le filosofie sono inutili perché non migliorano davvero la vita
- - - - La sua scrittura è vivace, intelligente e piena di battute, anche se i contenuti sono spesso molto seri. Luciano prende in giro tutto: religione, filosofia, società, retorica. Non si capisce se ci crede davvero o se gioca con tutto questo solo per provocare e far riflettere
        
        Luciano scrive in greco attico (cioè nel greco classico, elegante ma semplice). Si ispira agli antichi autori come Omero, Aristofane, Euripide e Menandro, ma non li copia: li rielabora con intelligenza e ironia
        
        Il suo stile è pieno di riferimenti colti, ma anche divertente. La sua opera più ricca di giochi letterari è proprio La Storia vera, dove ogni elemento è pensato per stupire, far ridere e far riflettere