Il lavoro in équipe pone numerosi problemi agli operatori anche a causa delle continue interazioni fra di loro; esse finiscono per influenzare la loro attività non soltanto in base agli obiettivi stabiliti e alle modalità di organizzazione del lavoro, ma anche in base alle caratteristiche individuali di personalità e alle aspirazioni e attese che un operatore attribuisce all’altro.
In alcuni casi i problemi che esistono tra gli assistenti possono esasperarsi al punto da rendere difficile il raggiungimento degli obiettivi.
La concordanza circa i valori ed i traguardi da perseguire non esclude la diversità di opinioni sui metodi e sui mezzi, né la differenziazione dei ruoli e delle competenze.
La molteplicità dei punti di vista, delle esperienze e delle capacità specifiche costituisce anzi una ricchezza, purché nei dibattiti e nell’attuazione delle deliberazioni insieme adottate si riesca ad evidenziare e a valorizzare ciò che unisce, anziché insistere su ciò che diversifica e potenzialmente divide.
Quando invece la partecipazione viene concepita e vissuta come il prendere parte attiva ad una impresa comune, come la disponibilità ad offrire disinteressatamente il proprio contributo di idee e di capacità operative, allora il confronto delle prospettive e la varietà dei modi della collaborazione potenziano lo spirito di corpo.
Il gruppo in molti casi consente al soggetto di meglio esplicare le proprie capacità e di vederle apprezzate dagli altri, offre protezione e sicurezza, favorisce la solidarietà e la collaborazione, facilita la maturazione personale e il progresso delle più vaste aggregazioni sociali. Ma in molti altri casi il gruppo delude le aspettative del singolo, lo strumentalizza, ne limita eccessivamente la libertà di pensiero e la creatività operativa lo rende chiuso e fazioso nei confronti degli altri che sente come estranei.
Secondo alcuni esperti di psicologia sociale, tale traguardo si raggiunge quando i membri che lo costituiscono trovano un adeguato appagamento emotivo ed intellettuale, sperimentano un forte senso di appartenenza pur restando aperti ad altri gruppi e all’intera società, perseguono con impegno costante i comuni obiettivi, sono capaci di attuare un reale cambiamento se la situazione lo esige.
Nel gruppo i singoli membri si pongono in un rapporto di sostegno reciproco, anziché di competizione sterile o addirittura dirompente; in esso alla solitudine dei timidi o degli arroganti si sostituisce la comunicazione vicendevole delle esperienze, dei desideri, dei propositi, dei programmi; in esso il confronto delle idee e delle competenze facilita la consapevolezza dei propri limiti culturali e operativi, ma al tempo stesso stimola ed aiuta a superarli gradualmente mediante l’aiuto solidale; in esso un’accorta distribuzione dei ruoli e dei compiti consente una maggiore valorizzazione delle doti peculiari degli individui.
Il gruppo dà sicurezza affettiva al soggetto quando egli deve porsi in relazione con persone ed aggregazioni sociali sconosciute, quando occorre confrontarsi o entrare in competizione con la più vasta comunità, quando le esigenze di autoaffermazione si scontrano con l’autorità costituita e le rigide norme che essa impone.
Anche la produttività può essere ridotta o addirittura compromessa dal gruppo. Esso infatti sovente induce molti individui a non prendere veramente parte alle decisioni e ancor meno alla realizzazione delle deliberazioni adottate, lasciando l’onore e l’onere della conduzione ad una minoranza di persone decise, operose, capaci. La deresponsabilizzazione e il parassitismo sono ovviamente di danno sia ai singoli sia alla comunità privata dell’apporto dei suoi membri.
Un altro limite del gruppo è la diffidenza nei confronti degli estranei considerati concorrenti, intrusi potenziali, avversari, nemici. Quanto più il gruppo è saldamente unito all’interno, tanto più è esposto al rischio di escludere dal suo orizzonte di vita gli esterni, proprio perché sentiti come un pericolo