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UNDICESIMO CAPITOLO - Coggle Diagram
UNDICESIMO CAPITOLO
Esperienza estetica nell’esperienza estetica ci confrontiamo con la duplicazione dell’esperienza in genere e mettiamo in funzione l’apparato cognitivo senza finalizzarlo a risultato concreti ma solo per farlo funzionare.
Tutte le volte che si ascrive all’arte il compito di produrre insegnamenti etici, morali il risultato sarà il frutto equivoco dell’indottrinamento morale, della predica.
Tenendo ben distinti i due tipi di giudizio, estetico e morale, è possibile ricostruire un legame tra i due sul piano della rispondenza
Kant→teoria per cui il bello può essere considerato simbolo del bene morale. Sublime: rapporto libero tra immaginazione ed intelletto, relazione che coinvolge immaginazione e intelletto, una relazione come sorgente della moralità
Simbolo: nel sistema kantiano ad ogni concetto deve essere sottoposta un’intuizione, se il concetto vuole acquistare consistenza. Quando un concetto è:
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Esperienza estetica ed esperienza morale sono produttrici di un valore intrinseco non riconducibile ad altre forme di positività. Entrambe sono possibili solo a condizione di una normatività universale
Con l’autonomia dell’arte dalla morale, emergono nuove nozioni, come quelle di genio e ispirazione,
- genio→smette di essere concepito come qualcosa di esterno all’artista, ma qualcosa che coincide con una facoltà che possiede, su cui non può esercitare alcun controllo.
- gusto→capacità di discernimento che non si basa né su regole intellettuali né morali, e neppure è riconducibile ad una semplice apprensione sensibile.
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Entrambe queste posizioni sono distinte dal pensiero dell’autonomia dell’arte correttamente inteso. L’estetismo vuole risolvere nell’arte la moralità e il sapere, far debordare l’arte al di fuori dei suoi confini. Arte per l’esteta è attività sovraordinata a tutte le altre
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Mentre si invocava con sempre maggiore frequenza un’arte che facesse proprio un impegno morale sulla realtà,
L’engagement morale è stato assunto sempre più frequentemente come segno distintivo della ‘grande’ arte, in opposizione all’arte di massa
Ethical Criticism→la necessità di un giudizio di ordine morale affinché si possa produrre un valore estetico. Si tratta di un orientamento che si diffonde nei paesi anglofoni a partire dagli anni ’80. Reazione contro le inclinazioni formaliste dominanti nella prima metà del secolo, che propugnava un’immagine ‘fredda’ e ‘tecnica’ di approccio alla letteratura. LIMITE: in America l’etica in questione è troppo spesso solo una variante del politically correct, un miscuglio di buone intenzioni e conformismo accademico. In Europa proprio i formalisti, come Cesare Segre, si sono trasformati in paladini di una letteratura moralmente accettabile.
Noël Carroll e il suo moralismo moderato: il difetto morale può ma non deve necessariamente valere come difetto estetico quando giunge a condizionare l’effetto e le risposte che l’opera è chiamata a produrre.
LIMITE: Sono soluzioni di apparente buon senso, ma tendono ad occultare che spesso sono proprio i tratti dissonanti, urtanti e sconvolgenti di un’opera che ci spingono ad apprezzarla esteticamente.