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LA DESTRA STORICA 2 - Coggle Diagram
LA DESTRA STORICA 2
marzo 1861: il bilancio dello Stato venne unificato assorbendo la contabilità di tutti gli Stati preunitari. Il debito complessivo dell’Italia era di 2 miliardi e 402,3 milioni di lire
il debito italiano corrispondeva a circa il 40% del prodotto interno lordo: una percentuale per il contesto economico dell’epoca scandalosa, che avrebbe potuto trascinare il Paese al fallimento finanziario.
la Destra storica era convinta, secondo la dottrina liberista, che l’economia italiana si sarebbe potuta sviluppare solo favorendo il libero scambio:
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sia all’esterno del paese: questo avvenne estendendo a tutta l’Italia le tariffe doganali piemontesi,
raggiungimento del pareggio di bilancio: l’Italia sarebbe stata riconosciuta dalla comunità finanziaria internazionale come uno Stato affidabile; si distine Quintino Sella come ministro delle finanze
1867: vennero requisiti e venduti terreni ecclesiastici e del demanio pubblico, venduti poi all'asta
la ricerca del pareggio del bilancio venne perseguita attraverso il ricorso al prelievo fiscale: dirette (sui redditi delle persone) e indirette (sui prodotti)
1868: fu imposta la tassa sul pane e le manifestazioni di piazza furono represse con violenza e si conclusero con 3788 arrestati, 1099 feriti e 257 morti
da un punto di vista sociale, invece, il popolo meridionale si trovò di fronte a sgradite sorprese:
venne esteso a tutta Italia il servizio militare obbligatorio che toglieva alle famiglie le migliori energie lavorative
l’abbattimento delle barriere doganali provocò il fallimento di numerose imprese incapaci di reggere alla concorrenza con le più agguerrite imprese del Nord;
la pressione fiscale tradizionalmente bassa nel Regno delle Due Sicilie aumentò di colpo a causa dell’introduzione di imposte fino ad allora sconosciute
le commesse statali vennero nella maggioranza dei casi assegnate a imprese del Nord e solo in minima parte a quelle del Sud
Il diffuso malcontento esplose in una violenta protesta che prese il nome di grande brigantaggio: ex soldati borbonici, contadini indebitati o disoccupati, criminali, giovani avventurieri per un totale di 80mila persone
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Il nuovo Stato italiano venne individuato come «nemico», e contro di esso i briganti agivano assaltando le carceri o incendiando gli archivi comunali per distruggere i registri di leva e quelli fiscali. Dopo l’attacco, si ritiravano in montagna.
Dal punto di vista militare, il brigantaggio fu un’attività di guerriglia che nei 5 anni che vanno dal 1860 al 1865 divampò in diverse zone del Meridione, in particolare in quelle più interne
i briganti erano ritenuti sostenitori di una giusta causa, che combattevano i ricchi e gli usurpatori e distribuivano ai poveri il bottino delle loro imprese.
i generali piemontesi consideravano ogni contadino un probabile brigante, aggravando la situazione: scatenarono il terrore bruciando villaggi e massacrando la popolazione civile, dando il via a una spirale sanguinosa di rappresaglie causando migliaia di morti
agosto 1863: legge Pica che affidava la repressione ai tribunali militari e condannava a pene pesanti anche i sospettati di complicità con i briganti
La generale incomprensione dei problemi del Sud da parte del nuovo Stato italiano alimentò il diffondersi di quei fenomeni, come la camorra e la mafia