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La fine dell'impero romano d'occidente - Coggle Diagram
La fine dell'impero romano d'occidente
L'impero dopo Costantino
LA DIFFICILE SUCCESSIONE DI COSTANTINO
Costantino riesce a concentrare tutto il potere nelle sue mani, ma credeva di non riuscire a governare da solo l'intero stato romano (complesso): riforma la tetrarchia ma modificata, gli augusti e i cesare dovevano fare parte della famiglia di Costantino per evitare future lotte per il potere.
Dopo la morte di Costantino nel 337 si susseguirono numerose guerre per la successione del potere e anche lotte tra la chiesa e gli ariani: stato nel caos.
GIULIANO E IL TENTATO RITORNO AL PAGANESIMO
Dopo 20 anni di lotte, Flavio Claudio Giuliano (lontano discendente di Costantino), riuscì ad unificare nuovamente il potere nelle sue mani rivelandosi un abile capo di stato, intelligente stratega e esperto comandante: serie di provvedimenti che miravano a migliorare la situazione dello stato.
Giuliano è passato alla Storia perché fu l'ultimo imperatore a voler ripristinare la religione e le tradizioni antiche di Roma a scapito del cristianesimo: filosofia neoplatonica e rinnegamento della fede cristiana (le continue disposte dei cristiani secondo lui erano motivo di divisione all'interno dello stato e che solo il ritorno alle origini potesse portare stabilità).
Sapendo l'importanza e la diffusione del cristianesimo non diede inizio a delle persecuzioni ma si limitò a cacciare i cristiani dalle cariche di stato maggiori e riducendone i privilegi.
I cristiani lo soprannominano Giuliano l'Apostata (rinnegato).
Questa lotta contro i cristiani terminerà a causa della sua morte improvvisa: fine dei tentativi del ritorno alle origini.
CRESCE LA MINACCIA DEI BARBARI
Dopo la morte di Giuliano ripresero le lotte per la successione del potere: divisione dell'impero in occidente ed oriente tre due augusti.
Durante questa divisione i Persiani ne approfittarono per invadere la Mesopotamia e i Germani accentuarono la loro pressione sui confini romani.
Situazione difficile per i territori romani del nord e dei Balcani: popolazioni germaniche insidiate: Visigoti e Ostrogoti che si limitarono per decenni solo a rapide incursioni.
Nel 370 con l'arrivo degli Unni (stirpe mongolica che basava la propria sussistenza sull'allevamento e quindi erano principalmente nomadi) che in poco tempo invasero tutte le popolazioni Eruli, Alani, Ostrogoti e Visigoti per arrivare al confine con l'impero romano.
IL DISASTRO DI ADRIANOPOLI
I Visigoti batterono il ritirata dai propri confini insidiandosi all'interno dei territori romani ma l'imperatore Valente preferì non affrontarli attendendo i rinforzi da occidente, lasciando a loro il permesso di rimanere all'interno dello stato. Permettere ad un popolo di insidiarsi all'interno del proprio stato oltretutto vicino a Costantinopoli (capitale) non fu una buona cosa per l'impero d'oriente: i Visigoti iniziarono a razziare i territori dell'impero siccome le terre concesse non erano sufficienti a soddisfare i bisogni del popolo: a Valente non rimase che affrontarli senza i rinforzi da occidente. La battaglia si svolse ad Adrianopoli dove l'esercito dell'impero venne annientato e l'imperatore Valente morì: 378 prima sconfitta dei romani. La supremazia militare romana stava terminando e stava iniziando quella germanica, Adrianopoli ne era l'esempio, la lotta non era più nei confini contro le invasioni germaniche ma era per la sopravvivenza dello stato.
TEODOSIO AL POTERE
Nel 379 le province orientali vennero affidate all'imperatore d'occidente Teodosio, esperto militare che sapeva di non poter eliminare la minaccia dei Visigoti con le armi: politica di compromesso con le popolazioni barbariche (continuerà con i suoi successori).
382 pace con i Visigoti e il riconoscimento di federati (alleati): essi potevano vivere nelle province e in insediamenti nelle frontiere ma in cambio dovevano prestare servizio militare per Roma.
Nell'immediato la minaccia dei Visigoti cessò ma portò delle gravi conseguenze: consentiva lo stanziamento di tanti germani all'interno del confine rendendo difficile il loro controllo e impossibile espellerli dal territorio. Aumentava anche il numero di germani all'interno dell'esercito: elemento insostituibile per l'esercito romano.
TEODOSIO E L'EDITTO DI TESSALONICA
L'impero si rivede unito e sotto il controllo di un unico imperatore nel 394.
Teodosio volle mettere fine alle divisioni religiose: emanò nel 380 un editto con il quale proclamava il cristianesimo cattolico la religione ufficiale dell'impero (mettendo tutte le altre religioni fuorilegge).
Questa scelta mirava ad avere un'egemonia dell'imperatore sulla chiesa cattolica.
Le divisioni all'interno del cristianesimo non cessarono: l'arianesimo crebbe di fama siccome il prete Ulfila tradusse la bibbia nella lingua dei Goti.
Fallimentare fu i fatto di imporre il controllo imperiale sulla chiesa cattolica.
AMBROGIO E L'AUTORITÀ DELLA CHIESA
Teodosio era convinto che la chiesa avesse ancora bisogno dell'imperatore per prosperare ma non fu così: alla fine del IV secolo l'autorità imperiale era in una profonda crisi mentre quella della chiesa continuava a crescere, era l'impero a necessitare dell'alleanza con la chiesa e non viceversa.
Nel 390 le truppe imperiali a Tessalonica avevano massacrato 7000 cittadini inermi per ordine di Teodiosio siccome durante una sommossa un funzionario imperiale fu ucciso: questo scatenò il vescovo di Milano Ambrogio che scomunicò l'imperatore imponendogli di doversi pentire pubblicamente per poter essere riammesso all'interno della comunità cristiana, l'imperatore si pentì pubblicamente: la chiesa aveva assunto un'eccezionale autorità che metteva in contrapposizione il potere spirituale della chiesa e quello temporale rappresentato dagli imperatori.
LA DEFINITIVA DIVISIONE DELL'IMPERO
Dopo la morte di Teodosio nel 395 l'impero venne diviso fra i suoi due figli: l'occidente a Onorio (bimbo di 15 anni sotto tutela di Stilicone) e l'oriente a Arcadio.
Onorio traferì la capitale da Milano a Ravenna (401) grazie alla sua posizione difensiva e il suo sbocco sul mare.
Dalla morte di Teodosio l'impero non verrà più unificato e le due metà conosceranno destini molto diversi: l'oriente cadrà nel 1453 fino a quando Costantinopoli non verrà occupata dai turchi mentre quello d'occidente terminerà nel 476.
Il crollo dell'impero d'occidente
UN NUOVO CONDOTTIERO: EZIO
Pochi anni dopo il Sacco di Roma molte popolazioni germaniche si insidiarono all'interno dei territori dell'impero d'occidente, Gallia e Spagna furono divise fra diverse popolazioni mentre in Africa si insidiò una popolazione (i Vandali).
Agli imperatori non restò che riprendere una politica conciliante fra le popolazioni (riconoscere l'insediamento di queste popolazioni in cambio di uomini per l'esercito).
Dall'oriente sorgeva una nuova minaccia: i cavalieri Unni, a fronteggiarli c'era l'uomo che sorreggeva le sorti dell'impero d'occidente a fianco di Valentiano III: Enzio (generale barbarico convinto della politica di conciliazione).
L'INVASIONE DEGLI UNNI
A metà del V secolo, gli Unni sotto la guida del generale Attila (il flagello di Dio), dopo aver minacciato e richiesto svariati tributi all'impero d'oriente, avanzarono verso occidente raggiungendo la Gallia. Enzio riuscì a sconfiggerli nella battaglia ai Campi Cattalauinici nel 451, fu l'ultima vittoria dell'esercito d'occidente ma ciò non mise fine alla minaccia: Attila si ritirò nella Pannonia (Ungheria) dove si riorganizzò e invasi nuovamente l'Italia prendendo d'assedio Milano, Padova e altre città del nord e volendo marciare su Roma.
IL SACCO DI ROMA
La morte di Stilicone causò una profonda debolezza all'interno dell'impero: nel 410 i Visigoti entrarono all'interno della penisola e assediarono Roma, la saccheggiarono per poi proseguire la marcia verso le altre province (Spagna dove avrebbero creato un nuovo regno).
Era dalle invasioni dei barbari nel 390 che la città non veniva saccheggiata, forte destabilizzazione nell'impero: Roma, città che aveva dato origine all'impero e quindi simbolo della forza e supremazia e dell'invincibilità romana, era stata saccheggiata per questo vi furono persone che vollero vedere nel crollo dell'inviolabilità della città la fine imminente di ogni civiltà ma contemporaneamente la caduta dolorosissima di un mito e l'inizio di un futuro pieno di angosciose prospettive.
IL PAPA DI FRONTE AD ATTILA
Mentre Ezio si metteva in marcia per contrastare la minaccia e l'imperatore d'oriente provvedeva a mandare dei rinforzi, ci fu una terribile epidemia di peste scoppiata tra le forze unne.
Attila decise di accogliere una richiesta d'assemblea a Roma proposta da Papa Leone I, nella quale il pontefice avrebbe convinto Attila a rinunciare ad attaccare Roma in cambio di un tributo.
Attila tornò in Pannonia dove poco tempo dopo morì.
L'incontro nel 452 creò un grande prestigio in quanto risaldò il prestigio e il risalto eccezionali papale e affermandone l'autorità.
LA POLITICA DI STILICONE
Stilicone era il generale a cui Teodosio aveva affidato il proprio figlio, secondo lui l'impero si sarebbe salvato solo se si sarebbero fusi i due mondi (romano e barbarico): portò avanti un operato mirato all'integrazione dei barbari all'interno dell'impero romano e pagò dei tributi per evitare delle incursioni all'interno dello stato.
Combatté i Visigoti e vinse due volte nel 402 perché i barbari guidati da Alarico avevano invaso la penisola italica.
Non annientò il nemico provocando molte critiche tra chi avrebbe voluto azioni molto più critiche nei confronti dei barbari, perdendo così consenso. Durante l'inverno tra il 406 e il 407 crollò il confine del Reno e un gran numero di popolazioni germaniche andarono verso la Gallia e la Spagna: segno che la politica di conciliazione tra romani e germani era stata un fallimento, Stilicone fu assassinato insieme alla sua famiglia a Ravenna nel 408 rendendo Roma priva del suo maggior difensore.
I VANDALI SACCHEGGIANO ROMA
Due anni dopo, anche Ezio venne ucciso come Stilicone da chi sosteneva di una politica troppo conciliante.
Il suo assassinio e quello dell'imperatore Valentiniano III privo di una guida e ben presto sorse una nuova minaccia: i Vandali, proveniente dall'africa nord occidentale dove nel 430 avevano fondato il loro regno, insieme alla loro potente flotta, iniziarono ad attaccare l'Italia meridionale e centrale, nel 455 vi fu un nuovo saccheggio di Roma causando devastazioni peggiori di quelle dei Visigoti.
Saccheggiarono perfino il tetto del tempio di Giove dalle lamine di rame dorato.
L'OCCIDENTE SOTTO ASSEDIO
Dopo Teodosio, l'impero era un'unico ente statale anche se le due realtà degli imperi erano sempre più distaccate e diverse: l'oriente subiva minacce dai barbari ma le sue province erano vitali dal punto di vista economico e anche molto popolate e poteva contrastare i barbari; mentre l'occidente era messa peggio: non si era mai ripreso dal momento di crisi economica e demografica del III secolo e la maggior parte delle popolazioni germaniche vi si stanziavano.
Diventò per l'occidente sempre più difficile contrastare i barbari: dovevano contare sui generali di origini germaniche.
ROMOLO AUGUSTO L'ULTIMO IMPERATORE
Tra il 455 e il 476 si succedettero 9 imperatori privi di autorità tra i quali molti generali barbarici che non volevano prendersi il titolo, si sbarazzavano del sovrano in carica mettendo persone a loro alleate.
Nel 475 il generale Oreste, con le truppe germaniche stanziate in Italia, cercò di ristabilire l'autorità di Roma ponendo sul trono suo figlio Romolo Augusto (giovane), ma i soldati che aiutarono Oreste pretesero un terzo dei territori italiani ma tale richiesta fu respinta: proclamarono loro generale Odoacre e questo marciò contro Oreste sconfiggendolo imprigionandolo e uccidendolo.
Romolo Augusto venne deposto e al suo posto salì Odoacre senza prendere in prima persona il ruolo e senza proclamare un successivo imperatore.
Inviò le insegne degli imperatori d'occidente in oriente chiedendo di poter governare i territori d'occidente come legittimo rappresentante imperiale nel ruolo di patrizio romano.
Da qui in poi non ci sarà un'impero con trono romano: 476 fine dell'impero romano d'occidente.