In seguito, venuti al pettine i nodi della lunga crisi militare del III secolo, si dovrà tirare la cinghia: il grano d’Egitto sarà messo a disposizione dell’esercito e poi, in parte, della città di Costantinopoli. La conseguente riduzione di circa 1/3 del budget granario della città di Roma (canon frumentarius urbis Romae) costringerà a riformulare la più importante delle gratifiche alla plebe di Roma, che dunque riceverà non più grano, ma pane di qualità scadente. In compenso, al pane e all’olio si aggiungeranno allora carne di maiale gratuita e vino a prezzo controllato provenienti dall’Italia provincializzata.
Questi nuovi equilibri, caratterizzati da uno Stato che regala di più, ma monetizza (e spende) di meno, producono alla lunga effetti depressivi sull’economia della città, giacché la moltiplicazione dei fenomeni di gratifica, l’allargamento della fascia della popolazione assistita, la riduzione dei proventi della vendita delle derrate fiscali e quindi l’assottigliamento dei fondi per la spesa pubblica colpiscono il lavoro della città di Roma.
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