La vecchia serva dell’innominato si reca all’osteria della Malanotte per attendere l’arrivo di Lucia. Il nobile le affida il compito di accompagnare Lucia al castello e di farle coraggio “Venite, venite, poverina… andava questa ripetendo, vi porterò da chi vuol farvi del bene, Fortunati a quelli a cui vuol far del bene!”. Nella fantasia della vecchia l’innominato è una figura onnipotente da cui dipendono il bene e il male delle persone. Le parole però della vecchia nei confronti della giovane sono false, ipocrite; infatti, è insensibile verso il dolore di Lucia, la donna si preoccupa solo della sua sopravvivenza perché teme una punizione da parte del suo padrone verso cui ha un'obbedienza assoluta, ma quando Lucia le dice di lasciarla andare in nome di Maria Vergine, sentendo quel nome, la vecchia prova una strana sensazione, risvegliano come nel Nibbio, ricordi e sensazioni antiche come la compassione e l’innocenza perduta dell’infanzia. Il narratore riassume la vecchia con il termine "ceffo" per accentuare il suo carattere animalesco e un aspetto deforme, ripugnante, simbolo di un degrado morale e fisico e definisce il suo letto “covo”, il covile è il giaciglio delle bestie. “Io son vecchia, son vecchia...Maledette le giovani che fanno bel vedere a piangere e a ridere e hanno sempre ragione" questa espressione della vecchia mostra, invidia nei confronti di Lucia, che è giovane e bella.