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LA CRITICA DEL GIUDIZIO, . (così come il bello risponde alle esigenze…
LA CRITICA DEL GIUDIZIO
Nella Critica del Giudizio Kant studia il sentimento, che viene distinto dalle facoltà teoretica e pratica, ed identificato come terza facoltà attraverso la quale gli esseri umani fanno esperienza di quella finalità del reale che la Critica della ragion pura escludeva a livello fenomenico e che la Critica della ragion pratica postulava a livello noumenico
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distinguiamo
GIUDIZIO TELEOLOGICO
Esso giudica la natura sulla base della nostra esigenza universale di individuare in essa una finalità: per Kant l'unica visione scientifica del mondo è quella meccanicistica, tuttavia la nostra mente non può fare a meno che scorgere nella natura l'esistenza di cause finali poichè il meccanicismo non è in grado di offrire una spiegazione soddisfacente dei fenomeni naturali, e in particolare degli organismi viventi
il giudizio teleologico è privo di valore teoretico in quanto la finalità che egli individua nella natura non è verificabile empiricamente, ma è soltanto un nostro modo di interpretare il reale
Dal giudizio teleologico si sviluppa un'antinomia che deriva dal considerare i principi regolativi (interpretativi) del giudizio riflettente come principi costitutivi degli oggetti. Per evitare tale antinomia occorre considerare il finalismo come un promemoria critico, che da un lato ci ricorda i limiti della visione meccanicistica fungendo da "guida" per una ricerca più approfondita, e dall'altro ci ricorda l'impossibilità di trascendere dalla realtà fenomenica per giungere ad una spiegazione scientifica dei fenomeni naturali
GIUDIZIO ESTETICO
Kant distingue il bello dal piacevole, inteso come ciò che piace ai sensi, e dal buono, concepito come ciò che piace alla ragione, e lo identifica nell'oggetto del giudizio estetico (o di gusto). Quest'ultimo è la facoltà di giudicare il bello sulla base della nostra esigenza universale di armonia
articolando il giudizio estetico secondo la tavola delle categorie, Kant identifica quattro diverse definizioni di bellezza
Secondo la qualità, il bello è ciò che piace senza alcun interesse esterno di ordine biologico, morale, utilitaristico etc. (L'immagine di quel qualcosa)
Secondo la modalità, il bello è ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto di un piacere necessario. Esso è dunque qualcosa che viene percepito universalmente in modo intuitivo, ma che nessuno riesce a spiegare intellettualmente.
Secondo la quantità, il bello è ciò che piace universalmente senza concetto, ovvero ciò che viene definito tale indipendentemente dal fatto che rispetti una serie (quantità) di canoni concettualizzati
proprio per questo l'educazione alla bellezza non può essere effettuata attraverso manuali tecnici sull'argomento, ma tramite la ripetuta contemplazione delle cose belle
Secondo la relazione, la bellezza è una finalità senza scopo. E' bello cioè ciò la cui armonia appare finalizzata a suscitare nel soggetto che osserva fascino, ma che in realtà non ha alcuno scopo
La bellezza è qualcosa che deve essere condivisa da tutti, dunque il giudizio estetico è universale
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così come il bello risponde alle esigenze dell'intelletto, il sublime risponde a quelle della legge morale
la legge morale è considerata sublime per eccellenza. Di fronte alla forza invincibile della ragione l'individuo non può che sottomettersi ad essa provando rispetto e venerazione
il bello e il sublime sono accomunati dal presupporre, come loro condizione, il soggetto, che si configura come il trascendentale dell'esperienza estetica. Inoltre, entrambi piacciono a se stessi e presuppongono un giudizio riflettente.
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