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BAZINE, 1945, ONTOLOGIA DELL’IMMAGINE CINEMATOGRAFICA - Coggle Diagram
BAZINE, 1945, ONTOLOGIA DELL’IMMAGINE CINEMATOGRAFICA
All’origine della pittura e della scultura si ritrova il “complesso della mummia”, cioè difendersi dalla morte attraverso la perennità materiale del corpo.
Abbiamo un bisogno atavico di lottare contro il tempo, la cui vittoria è rappresentata dalla morte.
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Oggi non si crede più all’identità ontologica del ritratto, ma si ammette che ci aiuta a ricordare, e quindi a salvarlo da una seconda morte.
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Ormai la pittura era divisa in due aspirazioni: una propriamente estetica, l’altra che desidera rimpiazzare il mondo con il suo doppio.
La storia delle arti plastiche è innanzi tutto la storia della loro psicologia, e quindi della rassomiglianza.
L’avvenimento decisivo di senza dubbio l’invenzione del primo sistema scientifico e meccanico della prospettiva.
La disputa del realismo nell’arte deriva da questo malinteso, dalla confusione fra l’estetica e la psicologia, fra
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L’arte medievale non soffre questo conflitto perché ignorava questo dramma rivelato dalle possibilità tecniche.
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Niepce e Lumiere ne furono redentori. La fotografia ha liberato le arti plastiche dalla loro ossessione della rassomiglianza.
Per quanto sia abile il pittore, la sua opera sarà condizionata da una soggettività inevitabile.
L’originalità della fotografia risiede dunque nella sua oggettività essenziale (il gruppo di lenti, del resto, si chiama “obiettivo”).
Mentre la fotografia è una riproduzione meccanica della realtà, da cui l’uomo è escluso.
Solo nella fotografia godiamo dell’assenza dell’uomo, come se fosse un fenomeno naturale.
L’immagine meccanica è l’avvenimento più importante nella storia delle arti plastiche,
opponendo alla pittura una concorrenza che raggiungeva l’identità del modello,
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Vite arrestate nella loro durata, liberate dal loro destino dalla virtù del meccanismo impassibile; la fotografia imbalsama il tempo.
L’obiettivo solo ci permette di sostituire l’oggetto con l’oggetto stesso, ma liberato dal tempo.
Il cinema appare come il compimento della fotografia, per la prima volta l’immagine delle cose è anche quella della loro durata (la mummia del cambiamento).
Che vanità ormai la condanna Pascaliana dato che la fotografia ci permette di ammirare l’originale che i nostri occhi non sarebbero stati capaci di amare e nella pittura un puro oggetto la cui ragione ha cessato di essere il riferimento alla natura.