Il monossido di carbonio: un assassino furtivo
Il monossido di carbonio, un gas inodore e incolore, è responsabile di più della metà delle morti per avvelenamento nel mondo. Il CO ha un’affinità per l’emoglobina circa 250 volte più elevata rispetto all’ossigeno. Di conseguenza, concentrazioni relativamente basse di CO possono causare effetti notevoli e tragici. Quando il CO lega l’emoglobina il complesso viene detto carbossiemoglobina, o COHb.
Dato il forte legame del CO all’emoglobina, la COHb si può accumulare nel tempo in persone esposte a sorgenti di CO costanti, anche se di basso livello. In media una persona in buona salute poco meno dell’1% dell’emoglobina totale è presente sotto forma di COHb. Considerando che il CO è un prodotto del fumo del tabacco, molte persone che fumano hanno livelli di COHb tra il 3% e l’8% dell’emoglobina totale, e il livello può aumentare fino al 15% in chi fuma molto.
In che modo la COHb influisce sugli esseri umani?
Quando è presente a livelli minori del 10% rispetto all’emoglobina totale i sintomi sono raramente osservabili. Con il 15% di COHb le persone accurano un leggero mal di testa. Tra il 20 e il 30% si ha un forte mal di testa, di solito accompagnato da nausea, capogiri, confusione, disorientamento e alcuni disturbi visivi; questi sintomi sono generalmente reversibili se viene somministrato ossigeno. Se i livelli di COHb sono compresi tra il 30 e il 50% i sintomi neurologici diventano più marcati, e a livelli vicini al 50% la persona perde conoscenza e può cadere in coma. Possono seguire disfunzioni respiratorie, e in seguito a esposizioni prolungate, alcuni danni diventano irreversibili. Il decesso normalmente avviene quando il livello di COHb aumenta fino al 60%. Il legame del CO all’emoglobina è influenzato da numerosi fattori, tra cui anche l’esercizio fisico e la variazione della pressione dell’aria in relazione all’altitudine. A causa del livello basale più elevato di COHb in chi fuma, l’esposizione a una fonte di CO spesso causa la manifestazione dei sintomi più velocemente rispetto a chi non fuma. Le persone con patologie cardiache o polmonari o con malattie del sangue che possono ridurre la disponibilità di ossigeno nei tessuti presentano sintomi a livelli più bassi di esposizione al CO. I feti sono particolarmente a rischio di avvelenamento da CO, perché l’emoglobina fetale, in cui le subunità gamma sostituiscono le beta, ha un’affinità maggiore per il CO rispetto all’emoglobina dell’adulto.
Il legame del CO all’emoglobina oltre a sequestrare proteina disponibile per il legame con l’ossigeno, influenza anche l’affinità delle rimanenti subunità di emoglobina per l’ossigeno. Non appena il CO si lega a una o due subunità del tetramero, l’affinità per l’O2 delle restanti aumenta notevolmente. Un tetramero riempito in questo modo quindi lega in modo efficiente l’ossigeno dei polmoni ma ne rilascia molto poco a livello dei tessuti. La mancanza di ossigeno nei tessuti si aggrava rapidamente; per giunta, gli effetti del CO non sono limitati all’interferenza con la funzione dell’emoglobina. Il CO si lega ai gruppi eme di altre proteine e anche a diverse metalloproteine.