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LIVIO - Coggle Diagram
LIVIO
Ab urbe condita libri
Tenendo conto della tradizionale suddivisione in decadi leggiamo dunque la prima, la terza, la quarta decade e la prima metà della quinta. Alla sopravvivenza dell'opera fu certo di danno la mole: ben presto se ne allestirono compendi e sommari che presero il posto dell'originale
L'impianto è rigorosamente annalistico, ma questa fondamentale scansione anno per anno si combina con il raggruppamento di libri in sezioni corrispondenti alle successive fasi della pubblicazioni e precedute da una prefazione. Livio non aveva un piano dell'opera nettamente stabilito fin dall'inizio ma procedeva alla maniera degli analisti seguendo la successione cronologica dei fatti senza un punto d'arrivo prefissato
Il primo libro è assai ricco di materiale leggendario ed è caratterizzato da un interesse antiquario quasi assente nel resto dell'opera. Un altro elemento unificatore del libro è la storia della monarchia come istituzione: a poco a poco vengono mostrati gli aspetti negativi del regnum fino alla sua fatale degenerazione in tirannide che ne segna la fine
Il secondo e il terzo libro contengono la parte più bella dell'opera: in essa lo storico accompagna con viva partecipazione e ammirazione sincera, la graduale crescita di Roma, attraverso il superamento di pericoli esterni e di difficoltà interne presentati come le prove in cui con superiore disegno provvidenziale sottopone senza sosta le virtù civili e militari del popolo romano per renderlo non solo tanto forte da dominare il mondo ma anche moralmente degno di guidarlo
La terza decade, dedicata interamente alla seconda guerra punica, introdotta da una prefazione che ne annuncia solennemente il tema, presenta una struttura unitaria accuratamente elaborata dallo storico
I primi cinque libri sono dedicati alla parte del conflitto per lo più negativa per i Romani, mentre la seconda metà della decade narra la lenta, ma sicura ripresa romana fino alla vittoria finale di Scipione, che porta la guerra sul suolo nemico
Livio dota Scipione oltre che delle qualità propriamente militare che ha segnato anche dal migliore di tutte le virtù che mancano al cartaginese: la clemenza, la scrupolosa osservanza di accordi, giuramenti, impegni e la religiosità. Un ultimo tratto che significativamente contrappone i 2 generali è il loro atteggiamento nei confronti della Fortuna: Scipione a differenza di Annibale, non si affida mai al caso e la sua fede nella fortuna popoli Romani è la consapevolezza che un destino provvidenziale aiuta e protegge chi lo merita
Nei libri successivi adotta lo schema di interpretazione moralistica, anche Livio sottolinea come l'accresciuto benessere materiale abbia negativamente influito sugli austeri costumi di un tempo. Per quanto riguarda le imprese militari, l'infittirsi in questi libri delle menzioni della clementia dei Romani e della loro le generosità nel condere aiuto agli alleati che lo chiedono, ricavandone ogni volta un'espansione del loro dominio, è certo un tentativo di giustificazione di guerre non più necessarie per la salvezza di Roma come lo scontro con Cartagine
Fonti e metodo
Le fonti mutano a seconda del periodo e dell'argomento trattati; le principali sembrano essere gli annalisti Romani per la prima decade, la monografia di Celio Antipatro e lo storico greco Polibio per la terza, ancora Polibio integrato dagli analisti e, occasionalmente, dalle origines di Catone per la quarta e la quinta
Pur tenendo presenti per ciascuna sessione più testi Livio in generale segue un solo metodo, e usa gli altri solo come riscontro, menzionandoli brevemente nei casi di disaccordo con la fonte principale, senza tentare quasi mai di mediare tra le versioni contrastanti per offrire una ricostruzione nuova e più plausibile, frutto della sua personale ricerca
Livio critica come infondati e fantasiosi i dati di alcune delle sue fonti e viceversa esprime il suo apprezzamento per altre. Molte volte poi usa formule che indicano discretamente al lettore che non si rende garante di ciò che riferisce
L'impiego di più fonti di valore documentario, l'enorme estensione cronologica delle opere e la sua stessa pubblicazione a sezioni staccate, comportano inevitabilmente errori, confusioni e contraddizioni
Finalità
Livio riteneva che il racconto veritiero e imparziale delle vicende passate dovesse adempiere una funzione didascalica: si augura che ogni lettore possa trarre dalla sua opera un insegnamento di carattere morale
Livio dedica la sua opera a dimostrare che, la grandezza dello stato Romano è legata al possesso, soprattutto da parte degli uomini che lo guidano, di quelle virtù troppo spesso trascurate nel tempo presente
Il pregiudizio patriottico fa sì che Livio assegni per principio agli umani nel loro complesso un costume di vita virtuoso che spiega e giustifica la benevolenza divina, che di solito accompagna le loro imprese e che comprende tutte le qualità positive tradizionalmente sintetizzata nell'espressione mos maiorum
Stile
Livio organizza i materiali in un serie di episodi artisticamente unitari, comprendenti un inizio, uno svolgimento che porta la tensione al culmine e uno scioglimento finale. Questi costituiscono quadri staccati, ma si inseriscono nel flusso narrativo in modo che a brani ricchi di drammaticità e di pathos se ne alternino altri pienamente descrittivi
È evidente lo sforzo di Livio di introdurre elementi di varietà e interesse umano. Le descrizioni brevi e coincise, di fonte annalistica, sono spesso ravvivate con l'impiego di una serie di motivi stereotipati
Il più consueto mezzo usato nella stereografia per variare il flusso narrativo, l'inserzione di discorsi, è ampiamente impiegato anche da Livio
Lo stile di Livio non è uniforme: si notano cospicue differenze tra i discorsi e gli episodi drammatici da un lato e molte delle parti espositive dall'altro. Vi sono inoltre mutamenti meno vistosi ma significativi tra i libri più antichi quelli più recenti. Nelle parti artisticamente più elaborate prevale lo stile ciceroniano, con periodi ampi ricchi di subordinate e ancor più di costrutti principali