La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la morte di una studentessa ventiduenne, Mahsa Amini, avvenuta mentre era sotto la custodia della polizia morale iraniana che l’aveva arrestata perché, secondo la versione più accreditata, reputava che la giovane non aveva indossato correttamente l’hijab, il velo (in Iran per legge tutte le donne devono indossarlo). Nonostante le forze dell’ordine neghino di averla picchiata, affermando che la ragazza sia morta per condizioni di salute , in molti ritengono, invece, che i responsabili siano proprio loro.
L'INIZIO DELLE RIVOLTE Le manifestazioni sono cominciate a Saqqez, la città dove sono stati organizzati i funerali di Mahsa Amini, e contemporaneamente sono scesi in piazza anche alcuni gruppi studenteschi a Teheran. In breve le proteste si sono diffuse le manifestazioni . Questo avvenimento, infatti, ha scoperchiato il vaso e la protesta per la morte ingiusta di Mahsa Amini si è presto trasformata in una più ampia protesta contro il regime oppressivo, conservatore e autoritario a cui è sottoposta la popolazione iraniana guidata da Ali Khamenei.
In poco tempo sono state coinvolte ben 161 città e 31 province del Paese. Nonostante la risposta sanguinaria del regime, che ha usato la violenza contro quanti marciavano pacificamente per chiedere la libertà e i diritti di base, le manifestazioni non si sono fermate, ma hanno lasciato dietro di loro una lunga scia di sangue.
Ad oggi, infatti, sono state organizzate ben 1175 proteste e le università coinvolte ammontano a 143.
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