Dal momento che la morale ha come oggetto impulsi naturali, infatti, la ragione non può nè produrli nè reprimerli, ma si limita a constatarli. Essa inoltre non può mai contrapporsi alla passione nella guida della volontà, è ad essa subordinata. Può al massimo mostrare l’eventuale irragionevolezza di un impulso, ad esempio svelando che l’oggetto a cui si tende non esiste o che non si possiedono i mezzi per raggiungerlo, contribuendo al suo affievolimento.
La morale di Hume non ha tuttavia un carattere individualistico, egli ammette infatti l’esistenza di un sentimento di simpatia comune a tutta l’umanità, che guida la valutazione morale sulla base dell’utilità o dannosità sociale.
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Il bene morale è equiparato all’utile per la collettività umana, intesa come il fondamento di tutte le virtù, compresa la massima delle virtù politiche: l’obbedienza, sulla quale si fondano i governi, indispensabili al conseguimento della felicità collettiva.