CAP.3 CONOSCENZA
1.DAI DATI ALLA CONOSCENZA 1.1 “BIG DATA” E “OPEN DATA”
Modernità, postmodernità, network society, società dell’informazione, rappresentano alcune delle etichette utilizzate per parlare del mutamento sociale che stiamo vivendo. Centrali sono le nozioni di informazione e conoscenza, in quanto è attorno ad esse che finiscono per coagularsi teorie, concetti e analisi. Informazione e conoscenza costituiscono le risorse attorno alle quali si strutturano gli equilibri geopolitici, le disuguaglianze sociali, i processi di innovazione. Si tratta di risorse formalmente simboliche che si traducono molto facilmente in ricchezza materiale: esempio classifica degli gli uomini più ricchi del mondo sono i magnati dell’industria dei software e dei media. Questi uomini costruiscono la loro ricchezza essenzialmente raccogliendo, organizzando e distribuendo informazioni e conoscenza cristallizzate in varie forme.
Modernità, postmodernità, network society, società dell’informazione, rappresentano alcune delle etichette utilizzate per parlare del mutamento sociale che stiamo vivendo. Centrali sono le nozioni di informazione e conoscenza, in quanto è attorno ad esse che finiscono per coagularsi teorie, concetti e analisi. Informazione e conoscenza costituiscono le risorse attorno alle quali si strutturano gli equilibri geopolitici, le disuguaglianze sociali, i processi di innovazione. Si tratta di risorse formalmente simboliche che si traducono molto facilmente in ricchezza materiale: esempio classifica degli gli uomini più ricchi del mondo sono i magnati dell’industria dei software e dei media. Questi uomini costruiscono la loro ricchezza essenzialmente raccogliendo, organizzando e distribuendo informazioni e conoscenza cristallizzate in varie forme.
La società dell'informazione è tale perchè la digitalizzazione ha permesso di accrescere in modo enorme le possibilità di archiviazione, uso, riuso, aggregazione e elaborazione delle informazioni che abbiamo a disposizione.
Nelle società occidentali attuali ormai ogni momento della vita quotidiana lascia dietro di se una lunga serie di tracce e info digitali, spesso generate automaticamente senza necessità di intervento umano e archiviate e conservate in modo altrettanto automatico, accumulandosi dando vita progressivamente ad enormi ammassi di dati in continua espansione. La proprietà, la gestione e i limiti di utilizzo di questi “big data” diventano questioni cruciali nella società dell'informazione: dilemmi essenzialmente politici su cui si misurano le democrazie moderne, generando nuovi strumenti legislativi e aggiornando valori e atteggiamenti sociali.
Le tre principali caratteristiche, le tre “V” che rendono il concetto di big data qualcosa di completamente diverso dalle varie raccolte di informazioni del passato:
- Volume: essendo generati in modo automatico e cumulativo, i big data hanno a che fare con quantità di informazioni difficilmente immaginabili e dai nomi esoterici come petabyte, exabity, zettabyte;
- Velocità: tali enormi quantità di informazioni necessitano di tecnologie specifiche, larghezza di banda e algoritmi ottimizzati per poter essere raccolte, stoccate e analizzate in tempi estremamente rapidi, talvolta in tempo reale;
- Variabilità: le potenzialità dei big data si esprimono al meglio mettendo in relazione tra loro dati provenienti da fonti diverse, con diversi gradi di strutturazione e di diversa natura.
I Big Data rappresentano un fenomeno sociotecnico che contrappone tra lor:
- Immaginari UTOPICI: aspettative di una vita quotidiana più semplice per tutti, novità tecnologiche in tutti i campi;
- Immaginari DISTOPICI: timori del controllo sociale.
L’enorme quantità di dati pronti per essere analizzati non ci dice nulla però sulla loro qualità o sui contesti in cui sono stati raccolti, solleticando piuttosto una vecchia e ingenua equivalenza tra quantità e oggettività.
L'avvento dei Big Data è collegato a un'ulteriore interessante innovazione sul piano sociotecnico: il progressivo dislocamento di dati (e servizi) sulla “nuvola”. Il cloud computing, risponde all'esigenza di archiviare enormi quantità di informazione, conservandone l'accessibilità online. Si tratta di utilizzare le risorse informatiche messe a disposizione da grandi centri di calcolo online. Economicamente convenienti per le piccole-medie imprese che affittano spazi nel cloud. Tale opportunità viene offerta sempre più anche agli individui e alle istituzioni, estendendolo non più semplicemente allo stoccaggio sicuro dei dati, ma anche ai servizi.
Necessaria una riflessione sulle implicazioni sia tecniche che economiche, sia politiche, sociali, giuridiche e culturali del Cloud Computing:
- Quali garanzie ci sono sul tipo di utilizzo che il server remoto potrà fare delle nostre informazioni?
- Dove risiedono fisicamente i server, e a quale legislazione fanno riferimento?
- Quali garanzie ci sono circa l'eventualità che un servizio offerto oggi gratuitamente diventi un domani a pagamento?
- Come vengono valutati i costi di uscita, e a quali condizioni sarà possibile in futuro valutare l'adesione a servizi concorrenti?
Una prospettiva critica sul cloud computing ci invita alla prudenza nei confronti di un positivismo digitale che, seducendoci con la comodità delle interfacce e l’apparente gratuità economica, ci sottrae autonomia e libertà a favore di un controllo da parte di pochi grandi attori commerciali o istituzionali.
Assumono in questo senso importanza i tentativi di affiancare la quantità dei big data con la qualità di una politica aperta di gestione dei dati stessi. Si parla a questo proposito di “Open data” per riferirsi a un insieme di dati resi disponibili online per il libero uso e riutilizzo da parte di aziende e cittadini, seguendo i principi e le politiche già in uso nello sviluppo del software open source.
Il concetto di Open Data rappresenta un ponte tra il mondo dei Big Data (un mondo guidato dalle possibilità offerte dalla tecnologia e fiducioso nella potenza dei numeri) e il mondo dell'Open Knowledge (della conoscenza aperta, il mondo dell’etica e della responsabilità).
Conoscenza aperta significa aderire a una visione della conoscenza come bene comune, prodotto collettivamente e liberamente distribuito. La conoscenza aperta si riferisce a prodotti/opere che rispondono a una serie di requisiti tecnici:
- Accesso: opera accessibile online, senza costi e in formati digitali che ne permettono la modifica
- Redistribuzione: non ci devono essere limiti alla distribuzione, gratuita o a pagamento, dell’opera
- Riutilizzo: deve essere consentita la modifica dell’opera e la creazione di opere derivate, che devono essere a loro volta liberamente distribuite e modificate.
La sfida degli Open Data si gioca sul fronte delle pubbliche amministrazioni: la raccolta dei dati proveniente da scuola, catasti, fisco ecc. avviene a spese della collettività che paga le tasse ed è dunque lecito pretendere di rendere pubblici e a disposizione i dati opportunatamente schermati per eventuali riutilizzi. Il riutilizzo di dati pubblici organizzati in formati digitali e provenienti da fonti diverse conduce alla transizione verso la smart city: necessità di gestire in modo intelligente i processi di innovazione per un futuro dove anche le forme di governo possono diventare più intelligenti e quindi più trasparenti. Open government: amministrazione pubblica e governo che sappiano rendersi essi stessi oggetto di sorveglianza continua da parte dei cittadini incentivando partecipazione reale e collaborazione diffusa.