Ma una volta arrivato in Oriente è confuso per il dis-ordine con cui si presenta ai suoi occhi. Per ri-orientarsi deve adottare una qualche prospettiva che doti di senso il suo percorso esplorativo, come ad esempio una mappa, un racconto di qualcuno, un punto di osservazione panoramico. Ma è, ancora una volta, l'adozione dell'atteggiamento dello spettatore nella logica del world-as-exhibition: uno sguardo dall'alto, dall'esterno, isolato, che gli consenta di osservare senza apparire, ovvero senza intaccare l'identità dei soggetti (relativa obiettività, apparente innocenza) da una posizione che appare sensata per l'osservazione dell'oggetto dell'interesse. Riproduce, nei suoi commenti, quel bagaglio di pre-conoscenze e di visioni orientaliste che hanno ispirato il suo partire. Contraddizione: nel tentativo di conoscere uno spazio reale, si ritrova a leggerlo come un testo, cercandovi un piano, un significato sottostante che deve essere disvelato. Quell'Oriente che doveva essere "vero" è la rappresentazione di qualcos'altro, di un significato mai presente, ma solo rappresentato.