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Abbas Kiarostami - Coggle Diagram
Abbas Kiarostami
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pubblico senza avere la sensazione di essere io ad averlo diretto, senza l’angoscia che qualcuno esca
prima della fine perché non gli piace. La ragione è che il film si è fatto da solo prima che lo potessi
fare io. Sono anch’io uno spettatore, più che il regista”).
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disvelarsi attraverso il rituale di autoconfessione del processo alla ricerca del perdono che potrebbe
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Sesto lungometraggio di Kiarostami, il film viene presentato con successo al Fajr Film Festival, a
Locarno; inizialmente nel 1989 prevedeva di girare Gli Spiccioli ma entra a contatto con un fatto di
cronaca (Theran, un giovane sulla trentina che vive con lavori saltuari si fa passare per il regista
Mohsen Makhmalbaf da parte di una famiglia della media borghesia iraniana e, scoperto, viene
chiamato in giudizio) che inizia a seguire in presa diretta cogliendo l’occasione per riflettere sui
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1990, tocca i rapporti fra realtà e
rappresentazione con un primo livello di lettura essenziale; in patria e all'estero nascono equivoci
sul suo cinema, visto come espressione di un naturalismo essenziale per la presenza di figure
classiche del neorealismo (piani sequenza, attori non professionisti e presa diretta, introdotta da lui
nel cinema iraniano). Con Il sapore della ciliegia, 1997, l’universo simbolico si apre alla sfera
dell’individuo, la narrazione si fa rarefatta (omaggio a Ozu), cresce l’attenzione ai valori formali e
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Si iscrive alla Scuola di Belle Arti e lavora come grafico, autore di spot, fotografo, sceneggiatore e
poi regista; nel 1969 entra nell'Istituto Kaun dove realizza nel 1970 il suo primo corto, Il pane e il
vicolo; nel 1974 dirige il primo lungometraggio, Il viaggiatore; con Dov’è la casa del mio amico?,
1986, premiato a Locarno, inaugura la cosiddetta “trilogia di Kokér”, che comprende E la vita
continua, 1991 e Sotto gli ulivi, 1994; con questi e Close-up,
La struttura narrativa è il risultato di una serie di interpolazioni che intervengono a più livelli, sul
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ambiguamente filtrati dal suo dispositivo finzionalizzante e macchina delle illusioni, che
scaturiscono dal contrasto tra (auto)narrazioni e ed esperienza reale, il cinema rimane dunque al
centro della riflessione di Kiarostami, proprio nel film che più sembra appoggiarsi sulla dimensione
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