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Dal postmoderno al postclassico: sovrapposizioni e divergenze tra concetti…
Dal postmoderno al postclassico: sovrapposizioni e divergenze tra concetti problematici
Abbiamo parlato del Postmoderno come una delle chiavi di interpretazione importanti per il contemporaneo. A questo si è contrapposto nel tempo quello che è stato definito “CINEMA POSTCLASSICO”.
L’idea proposta da David Borwell è che A DOMINARE il CONTEMPORANEO non è affatto solo un cinema Postmoderno (che è di fatto il dominante culturale in Europa e in Nord America), ma di “Postclassico”. Quest’ultimo si riferisce solo ad una RIFLESSIONE INTERNA alle TEORIE del CINEMA, ed è legato solo al CINEMA HOLLYWOODIANO (quindi non cinema Europeo come il Postmoderno). L’espressione “Postclassico” non può essere utilizzata senza un adattamento ad altre cinematografie o ad altri aspetti della cinematografia statunitense.
Si passa ad una riflessione tra il rapporto tra cinema postmoderno e postclassico. Bordwell va a ragionare su come sia stato preservato all’interno della produzione una grande importanza alla DIMENSIONE NARRATIVA:
come essa mantenga le dinamiche di messa in scena tipiche della narrazione aristotelica del cinema hollywoodiano classico:
❖ quindi la struttura lineare,
❖ l’idea dei 3 atti, cioè con un inizio, uno svolgimento e una fine
e come questa narrazione venga veicolata esteticamente verso una serie di soluzioni formali che mantengano la continuità del montaggio classico:
❖ la stessa struttura di causa-effetto tra le sequenze,
❖ l’assenza di elementi inutili alla narrazione, tutti hanno uno scopo,
❖la soggettività messa in scena mantiene una sua narratabilità, non è quella da cinema sperimentale,
❖vengono mantenute dal punto di vista visivo: l’uso dei raccordi, le regole del montaggio in continuità, la regola dei 180°, non ci sono scavalcamenti di campo...
l’unica differenza sta in quella che Brodwell chiama “CONTINUITÀ INTENSIFICATA”. Abbiamo una preservazione dell’attenzione riguardante la scala dei piani, ma è usata molto di più, in quanto c’è un montaggio molto più veloce, che vede una maggiore movimentazione tra avvicinamento ed allontanamento della mdp rispetto ai soggetti mantenendo la capacità di orientarsi nello spazio da parte degli spettatori, la coerenza spaziale. È mantenuta una continuità, per quanto intensificata. Questo lo abbiamo già visto nel film “Strange Days”.
• Dal classico al postclassico: ASPETTI PROBLEMATICI
Il dibattito tende a concentrarsi esclusivamente sulla dinamica fra racconto classico e proposta «postclassica», con specifico riferimento al cinema statunitense, come se non ci fossero state altre espressioni o stili. L’approccio della modernità è completamente ignorato.
Si ritorna alla dialettica fra narrazione e spettacolo come fossero possibilità reciprocamente esclusive – ed è da qui che Jullier parte per definire il cinema postmoderno in funzione prettamente spettacolare, come appunto espressione di un «cambio di paradigma».
Il dibattito tende a concentrarsi sull’idea che il cinema statunitense (ossia il cinema hollywoodiano main stream) sia il cinema di riferimento. La riflessione teorica non si confronta con altri stili. Si porta la riflessione ad una DIALETTICA tra NARRAZIONE e SPETTACOLO, come se fossero possibilità esclusive, e come se fossero incompatibili tra loro.
È problematica anche la definizione di Jullier sul cinema Postmoderno come qualcosa di spettacolare. Jullier parla di “Star wars” come di un film Postmoderno che cambia il paradigma, perché è il bagno di sensazioni, perché inserisce il corpo spettatoriale in questo scenario spettacolare ed estremamente rilevante, ma dimentica che è anche una narrazione edipica che si ispira a “Sentieri selvaggi” di John Ford. Quindi, “star wars” è un western con le astronavi (questo soprattutto l’episodio 4).
Si parla di una problematicità del rapporto tra spettacolo e narrazione, mentre l’idea è quella che il CINEMA HOLLYWOODIANO sia capace di tenere insieme spettacolo e narrazione. Riesce a far ciò in modo efficacie in tutte le sue espressioni.
Lo stile dopo gli anni ’80 secondo Bordwell abbia mantenuto una profonda CONNESSIONE con la DINAMICA CLASSICA.
David Bordwell: continuità intensificata
Bordwell riconosce che sono avvenuti cambiamenti importanti, ma, paradossalmente, afferma che nulla è cambiato. Il cinema americano contemporaneo è un cinema classico intensificato. L'autore rifiuta la nozione di postclassicità e reputa che la narrazione fondata sulla causalità sia ancora l'elemento attorno a cui ruota il dispositivo del film contemporaneo e l'esperienza spettatoriale.
L’idea è che il cinema hollywoodiano dopo gli anni ‘80 abbia prodotto un nuovo stile, basato sulla rielaborazione però di schemi tradizionali e non da una totale trasformazione, caratterizzato da:
•un montaggio sempre più rapido e una diminuzione della durata media delle inquadrature;
•un uso estremizzato della lunghezza focale delle lenti, con continui passaggi dal teleobiettivo al grandangolo;
•un uso ampio dei primissimi piani, con particolare attenzione al rapporto fra occhi e bocca dei personaggi (con effetti di trasformazione sul campo/controcampo, dominato dai singoli e dalla conversazione più che dal corpo);
•una macchina da presa in continuo movimento, in modo ostentato e virtuosistico, dalla macchina a mano a movimenti semicircolari attorno ai corpi degli attori.
Qualche anno prima anche Kristin Thompson aveva negato l'idea che il cinema americano si fosse trasformato e aveva dichiarato che, a fine anni ‘90, le strutture narrative erano le stesse dell'avvento del sonoro.
l’analisi proposta da Thompson di Jurassic Park (Steven Spielberg, 1993)in Storytelling, che si concentra sulla costruzione narrativa del film, valorizzandone il ruolo anche rispetto al CGI. •Si tratta in realtà di una proposta contraddittoria, che vuole vedere nello spettacolo un elemento di crisi radicale della narrazione –mentre la specificità del cinema contemporaneo starebbe soprattutto in una riarticolazione dei due sistemi in relazione l’uno con l’altro
B. porta l’attenzione alla struttura di superficie: •la divisione in atti; •;•la motivazione che garantisce coerenza psicologica all’eroe e ai suoi aiutanti;•il montaggio in continuità; •l’uso di rime come strategia formale che indica la soluzione di situazioni già proposte.
•La proposta di Bordwell e Thompson prevede che il cinema classico sia comunque la struttura dominante, con la configurazione narrativa basata su causalità e motivazione, tripartizione in atti, coerenza ecc. l’unità stringatissima di spazio-tempo-azione
Il contesto industriale
Hanno dimenticato, così, anche un altro aspetto da questo scenario: il CONTESTO ECONOMICO in cui ci si muove nel contemporaneo. È importante la diversificazione tra i prodotti mainstream.
Per cui, non è possibile parlare di “strange days” e “die hard” come se fossero lo stesso film.
Quindi, nella proposta di Bordwell e Thompson, viene inoltre ignorata la grande trasformazione del CONTESTO INDUSTRIALE, che vede una notevolissima diversificazione fra i tanti prodotti mainstream.
Sempre più spesso i PRODOTTI DI SUCCESSO rispondono a una serie di caratteristiche che li differenziano dal contesto produttivo hollywoodiano tradizionale:
• sono parte di una REALTÀ GLOBALE, pensata per una fruizione collettiva planetaria; contengono dunque elementi di dissonanza e contraddittorietà per garantire la risposta di tutti
• sono caratterizzati da REPLICABILITÀ e COMPLESSITÀ NARRATIVA sempre più estesa, che garantisce una rete di narrazioni, ma anche modularità – ciascun prodotto è fruibile in relativa autonomia;
• hanno uno STILE SPECIFICO IDENTIFICABILE per ciascun franchise, che ne garantisce riconoscibilità e impatto sull’immaginario collettivo;
• sono pubblicizzati attraverso forme di SATURATION BOOKING e TEST SCREENING per il controllo delle reazioni dei pubblici principali.