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TRAPPOLA DI CRISTALLO - Coggle Diagram
TRAPPOLA DI CRISTALLO
• Analisi dei Thomas Elsaesser del film: “DIE HARD” – “TRAPPOLA DI CRISTALLO” (John McTiernan, 1988)
È un film che nasce come veicolo per la “STAR PERSONA” di Bruise Willis. È il film d’azione per eccellenza del periodo natalizio degli anni ’80.
L’idea è che sia un film STRATIFICATO e PRODUTTIVO, e può essere interpretato sia dando importanza alla prospettiva formale e alla proposta di una classicità intensificata (come fa Bordwell), sia secondo quelle profonde strutture dell’esperienza che abbiamo visto all’opera con il cinema classico e che vengono ipotizzate da Belleour. Mette in atto questa sua stratificazione in modo consapevole.
L’idea è che non sia solo una classicità intensificata da un punto di vista formale, ma che sia un cinema consapevole di come siano stati interpretati i film classici da persone come Bellour e utilizzino queste conoscenze, con gli scenari edipici o interpretativi profondi. “Die Hard” lavora in funzione di questa costruzione complessa.
- Si ha un’attenzione alla STRUTTURA SUPERFICIE che riguarda soprattutto le direttrici generali del racconto. Il film, infatti, è diviso in 3 atti: 1° va dall’arrivo del protagonista alla presa della torre da parte del gruppo di terroristi rapinatori, il 2° atto che è la battaglia di Mclayn
con i terroristi, e il 3° atto che è quello che si associa allo scontro finale e vede il trionfo della famiglia Mclayn.
o - A questa struttura si associa una COERENZA PSICOLOGICA di EROE, basata sull’idea di motivazione. Questa vacilla se pensiamo ai terroristi: se Mclayn ha una motivazione chiara ossia quella di salvare tutti gli ostaggi dai rapinatori e salvare la sua famiglia (si ha una DOPPIA LINEA NARRATIVA in cui la soluzione della situazione lavorativa coincide con la soluzione della linea romantica), i terroristi hanno motivazioni complesse, in quanto non riusciamo a capire le vere motivazioni.
o - Resta l’uso di una STRUTTURA FORMALE, basata sulla variazione con ripetizione (le rime), che vedono il ricorrere di una serie di situazioni, con il progressivo miglioramento delle condizioni dell’eroe. La trasformazione porta alla soluzione finale. Quest’uso delle rime è tipico del cinema classico, proprio come il MONTAGGIO in CONTINUITÀ.
o - È un film che resta comunque SPETTACOLARE, che non ha una motivazione reale nel livello di violenza messo in atto. Non si comprende il perché Mclayn deve combattere in canotta e senza scarpe, o il perché ci sono così tanti riferimenti razziali (non è un film completamente bianco).
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Il film è ambientato all’interno della “NAKATOMI TOWER”, cioè una compagnia giapponese. Infatti, il proprietario è giapponese, mentre i terroristi sono europei di una gang (Germania ed Europa dell’Est). Si ipotizza un risorgere delle forze dell’asse (Germania e Giappone contro gli americani): l’idea è che l’americano, Mclayn deve combattere sia contro la compagnia giapponese che vuole rubargli la moglie, sia contro i terroristi tedeschi che la vogliono ammazzare. Si ha una complessificazione consapevole della struttura di superficie. Si ha la trasformazione dell’eroe che porta a una soluzione finale.
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Il protagonista viaggia in aereo con la pistola in modo del tutto naturale (a cui noi non siamo più abituati). Si ha la percezione del rispetto delle regole: montaggio in continuità (costruzione regolare e impercettibile), dialogo lineare tra i 2 personaggi. Il dialogo fornisce delle informazioni, come il fatto che sia un poliziotto e che abbia paura di volare. Abbiamo un protagonista già fallace, con una mascolinità già in crisi, resa invalidata dalla paura invalidante. A questo problema si potrebbe trovare una soluzione facendo i pugni con le dita dei piedi.
Per far ciò arrivato all’hotel si toglierà le scarpe e sarà costretto a combattere scalzo per tutto il film.
- L’analisi fatta del film è quella proposta da Thomas Elsasser (pron. “elsesser”) nel capitolo del libro “teoria ed analisi del cinema/film americano contemporaneo” dedicato al film. Il libro lo ha scritto con Baclan, il narratologo: scrissero un capitolo a testa. Elsesser sostiene che il film porti con sé tutta una serie di questioni legate a quello, che Bellour chiama “CONTENUTO LATENTE” del film, ossia questioni legate alla PSICHE del PERSONAGGIO, con la mascolinità problematica ed una traiettoria edipica incompiuta (già vista in opera nella mascolinità degli anni ’40).
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Anche il fatto, che si porti appresso il gigantesco orso di peluche per compensare la sua mascolinità mancata, rappresenta la sua problematicità.
Il movimento di macchina produce uno spazio in cui iniziamo ad orientarci: dice che in questo posto l’ufficio del dirigente è affacciato sulla balaustra che dà sul salone principale.
La donna è la madre di famiglia che Bruise Willis sta andando a trovare, insidiata da questo uomo con cui lavora e che la invita ad una serata romantica pur sapendo che lei ha dei bambini. A questo si aggiunge il fatto è che lei è una lavoratrice indefessa, ma è una persona buona che ha altre donne che la supportano lavorativamente (tata messicana). È proprio l’immaginario della “donna in carriera” degli anni ’80.
Il fatto che la donna in carriera tiene una baby setter per i bambini messicana è un esempio di stereotipo razzista problematico. Questo a partire dai giornalisti che utilizzeranno il fatto che la donna sia di origine ispanica senza documenti per ricattarla.
Il film, pur in tutta questa consapevolezza, non fa attenzione al fatto che quello che sta promuovendo è un’ideologia neoliberista in cui lo sfruttamento delle classi non privilegiate sia fondamentale per la produttività di quelle privilegiate. Questa ironia sfugge al film.
Quello che il film mette in scena, però, è una LOTTA da parte della tradizione statunitense bianca e proletaria contro il neoliberismo. Il fatto che Mclayn sia un proletario newyorkese che insidia sua moglie contro il terrorista tedesco e la coorporation giapponese è abbastanza strutturato, in quanto il film è consapevole di fare questo gioco di elementi.
Abbiamo un’esasperazione della regola classica: il fatto che se si vede una pistola nel 1° atto deve sparare anche nel 2°. Infatti, abbiamo la visione della pistola nel 1° atto, la quale sparerà a raffica in tutto il 2°.
Viene mostrato con il movimento di macchina le fotografie di Olly (la moglie) e che ci fa capire che Mclayn è suo marito, che sta andando a trovarla in aereo per la Vigilia di Natale. Il fatto che lei abbassi la foto simboleggia sia la dinamica di coppia problematica, tant’è che chiede di far preparare la stanza degli ospiti, ma al tempo stesso è l’espediente che permette di evitare di far capire ai terroristi che sono spostati.
Quest’ultima impedirà loro di utilizzare Olly come esca contro Mclayn fino alla fine, dove per colpa dei giornalisti lo vengono a sapere. C’è, dunque, un’esasperazione della consapevolezza dell’idea di motivazione narrativa.
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Notiamo il protagonista che osserva assiduamente ciò che lo circonda. Il suo guardarsi con le donne (scambio di sguardo con l’hostess e con la ragazza bionda che abbraccia un ragazzo) è espressione della sua problematicità: vediamo un desiderio, ama al tempo stesso si sente minacciato dalle donne che lo guardano.
Altro momento razzista: la mdp riprende degli uomini neri che portano dei carrelli, fino a riprendere le mani nere dell’autista della limousine. Si ha il 1° indizio di quello che sarà una dinamica razziale costruita dal film: legata dal rapporto tra i bianchi e i neri, dove i neri sono gli aiutanti della situazione in una dinamica che accenna ad una serie di elementi razzialmente problematici.
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È il momento in cui l’FBI arriva in elicottero, e l’agente parla della sua esperienza in Vietnam. Si vede poi Mclayn che sta nel lago artificiale della sala d’ingresso con il fumo dell’esplosione delle pistole e la scarsa luce gialla che viene dall’esterno. Sono entrambe parodie delle immagini della giungla di “Epoca list now”, perché non si ha a che fare con un soldato traumatizzato che impazzisce o che diviene paladino estremo dell’esperienza americana, ma da poliziotto senza traumi apparenti.
La parola “pastisce” ha a che fare con questa dinamica, ma non ha a che fare con una dinamica ironica vuota. Ci sta invece un richiamo al Vietnam e tutto ciò che ha significato culturalmente, che coincide con un rifiuto di quell’esperienza.
Viene mantenuta da un lato l’idea del rapporto tra i 2 poliziotti buoni e capaci di gestire la crisi, mentre dall’altro le istituzioni incompetenti, ed incapaci di comprendere ciò che sta avvenendo realmente.
C’è il tema del Natale che ritorna sempre. Da notare l’inquadratura con la pistola nascosta, che il capo dei terroristi cerca di prendere.
Si nota la rapidità, di cui parla Bordwell, delle sequenze che si relazionano con una costante trasformazione della scena.
La relazione tra il terrorista in campo e il poliziotto, messi in scena come speculari.
Si ha una grande sequenza di azione, dove si ha una stratificazione complessa da parte del film in cui il vetro (elemento fondamentale della riflessione dell’architettura Postmoderna di Jameson) diviene un elemento narrativo e problematico, perché la trasparenza non è un elemento a favore del protagonista. L’idea che il vetro non sia solo un elemento archi ma abbia un senso metaforico in relazione ai piedi feriti.
Quest’idea ha a che fare con il modo in cui la scena è messa in forma: inquadrature oblique, e scarsa visibilità. Ciò accentua il gioco con ciò che si può vedere con ciò che non si può vedere.