C’è la messa in scena della produzione dell’immagine, dove vediamo lo sviluppo della stampa e della pellicola, vediamo il lavoro della produzione dell’immagine in senso letterale. È una messa in scena dell’idea che non c’è una naturalità dell’immagine che noi vediamo ma che è produzione di un lavoro, è qualcosa di fabbricato e costruito, perché richiede un processo chimico, che ha anche fare con la necessità di avere qualcuno che produce quest’immagine. L’immagine non esiste in sé, ma è prodotta da un’istanza. Qui inizia il gioco con la mdp con le immagini, con questi movimenti in avvicinamento e in successione. Viene riprodotta la durata della produzione dell’immagine, che è scelta di produrre un racconto attraverso la scala dei piani. Il film ci dice che la scala dei piani serve a raccontare qualcosa, a costruire il racconto. C’è un frame nel frame: non è solo la cornice dell’immagine fotografica, ma è anche la cornice in cui è incluso il personaggio. C’è un gioco su ciò che si vede e ciò che si nasconde. La mdp crea il legame tra lo sguardo fuori campo di Vanessa, che diviene ciò che entra in campo. L’ingrandimento del frame mostra un volto e una mano che regge la pistola. Ciò terrorizza il protagonista, che si convince che abbia assistito ad un omicidio. Così inizia ad ingrandire tutte le foto e costruisce una narrativa noir. Si rende conto che la donna, d’accordo con qualcun altro, ha ucciso l’amante e ne ha fatto sparire il cadavere dietro i cespugli. Così, lui torna al parco di notte e vede il cadavere. Nel frattempo, però, è andato ad una festa, dove si è drogato e quindi non si capisce se quel cadavere è vero oppure frutto della sua fantasia. Il film parte dall’idea che esista una “riproducibilità fotografica del fenomenico” e porta avanti una messa in scena del lavoro di produzione dell’immagine fotografica, esibendo la dimensione fotochimica dell’immagine, e va a dichiarare come anche l’immagine fotochimica e quella riproduttiva abbia uno “STATUTO AMBIGUO”, cioè le immagini non hanno necessariamente un legame con un referente reale ma sta allo spettatore interpretare la loro ambiguità, e decidere se hanno a che fare con un referente o meno, se quello che mostrano fa parte della diegesi oppure no. Thomas, dunque, in quanto spettatore e produttore, lascia allo spettatore decidere se quello che vede è reale o frutto della sua fantasia.