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Introduzione al neorealismo - Coggle Diagram
Introduzione al neorealismo
Introduzione al neorealismo
Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Luchino Visconti, Giuseppe De Santis e gli altri avevano
l’urgenza di restituire al cinema italiano una verità umana, un’attenzione alla materialità del vissuto,
una pluralità di accenti, dialetti e paesaggi soffocati dal regime, approfittando di clima civile di
ricostruzione morale e materiale. Nonostante le lodi da Stati Uniti e Francia, il nuovo governo
democristiano ostacola il neorealismo con la Legge Andreotti sul cinema del 1949, promuovendo
film hollywoodiani e commerciali (Umberto D, De Sica, 1952, lettera di Andreotti con retorica dei
“panni sporchi da lavarsi in famiglia”)
A partire dalla primavera 1948 si iniziano a definire neorealisti i film di De Sica, Rossellini,
Visconti ecc, ma bisognerà aspettare gli anni Sessanta con Lino Miccichè per inquadrare meglio le
caratteristiche di quella che non poteva essere considerata come una scuola cinematografica in
senso classico ma come un’esperienza nata da un’etica dell'estetica (impegno civile).
I neorealisti non trovano formule originali e modi per ridurre il budget, sono accolti tiepidamente
dal pubblico; vengono usati attori non professionisti e divi degli anni Quaranta.
La critica francese aiutò a mettere in evidenza alcuni fattori stilistici comuni: in Il realismo
cinematografico e la scuola italiana della Liberazione, 1948, Bazin loda la “legge dell’amalgama”,
che combinava «”a negazione del principio della vedette e l’utilizzazione indifferente di attori di
mestiere e di attori occasionali”, e la “tecnica del racconto” che accumulava micro-eventi al di fuori
di una rigida concatenazione di causa-effetto disseminando il plot di ellissi.
De Sica e Zavattini, tra classicità e utopia
All’interno del neorealismo convivevano idee di cinema piuttosto lontane (realismo
costruito/acculturato di Visconti; epica populista di De Santis; recupero stilemi Hollywood
classica): la via di De Sica (industria, efficacia narrativa, talento attoriale) e Zavattini (cinema
utopico) è ancora diversa; girano I bambini ci guardano e una serie di opere-summa del lessico
neorealista, da Sciuscià (1946) a Ladri di biciclette (1948), da Miracolo a Milano (1951) al citato
Umberto D.
Ladri di biciclette è stato considerato a lungo un manifesto rigoroso del neorealismo: recentemente
sono emersi tratti non in linea con le premesse della vulgata neorealista (doppiaggio per il padre non
professionista; sceneggiatura meticolosa; colonna sonora enfatica; tecniche classiche di ripresa in
studio, es. trasparente).
Umberto D. è uno dei punti di massima convergenza fra le due idee di cinema
Alcune idee sul cinema
Dicembre 1952, Zavattini pubblica un intervento sulla Rivista del cinema italiano dal titolo Alcune
idee sul cinema: una delle più grandi innovazioni del neorealismo è la scoperta che un frammento di
realtà è abbastanza interessante da essere raccontato, senza bisogno di ricorrere a una “storia”
(atteggiamento analitico); l'approccio neorealista ha conseguenze importanti:
• Sulla struttura del racconto (no soluzioni=no finali netti);
• Sui costi di produzione e la tecnica (i film devono costare poco, meno tecnica=cinema più
creativo);
• Sulla divisione dei ruoli sul set (regista-autore unico in regia-montaggio);
• Sulla presenza di interpreti (no attori, persone che rivivono sullo schermo la propria storia);
• Sulla lingua parlata (dialoghi prima in dialetto e poi in italiano, per non perdere freschezza);
Scrive che, rispetto ai primi lavori, in Umberto D. “la realtà come fatto analizzato è molto più
evidente, ma la presentazione è ancora tradizionale”: il neorealismo è un'esperienza ancora agli
inizi.