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la ragion d'essere del caporalato (di Stefano Liberti) - Coggle Diagram
la ragion d'essere del caporalato (di Stefano Liberti)
ed è in un
certo senso
il punto di arrivo
di un percorso
comunitario nel 2011,
con sciopero
braccianti di Nardò,
a Lecce,
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la condanna
a 11 anni di carcere
per riduzione in schiavitù
di 4 imprenditori agricoli
pugliesi,
il 13 luglio
nel processo Sabar
a Lecce,
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un agricoltore
che ha bisogno
di lavoratori
per una raccolta stagionale
come
pomodoro
o arance,
che sono lavori
faticosi
e poco retribuiti
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ed esso supplisce
a una carenza reale,
lamentata tanto
dagli imprenditori agricoli
che dai braccianti,
quella dell'asseza
di un sistema
che metta
in connessione
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come primo elemento
di riflessione,
appare utile
concentrarci
sulla ragion d'essere
del fenomeno
perchè il caporalato
è l'ultimo tassello
di una filiera alimentare
densa di criticità,
che scarica
le esternalità negative
sugli anelli inferiori,
fino ad arrivare
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ed osservare la filiera,
capirne i malfunzionamenti,
diventa l'antidoto
per prevenire
l'insorgere del fenomeno
se fino ad oggi
non si è riusciti
a fare passi avanti
sostanziali,
è proprio perchè
l'attenzione si è focalizzata
esclusivamente
sugli effetti,
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e dunque
quanto mai necessario
mettere in connessione
lo sfruttamento
del lavoro
con tutte
le altre strutture
della filiera
il fenomeno
finti braccianti
noto a chi lavora
nei territori in oggetto,
ed è diventato
nel tempo
molto esteso,
ed è descritto
un walfare parallelo
se non è l'unica
ragione del malfunzionamento
dei centri per l'impiego
il fenomeno
finti braccianti
è un elemento importante
di resistenza al cambiamento,
che pesa sulle
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e privi di risorse,
svuotati di funzionalità
sconosciuti
alla nuova forza lavoro
arrivata sui territori,
i centri per l'impiego,
sono gusci vuoti,
che conservano
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e cioè si tratta
di un travaso
di risorse
in cui molte persone
beneficiano
di indennità
di disoccupazione
e pensioni
per lavori
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mentre chi
svolge quei lavori
gli immigrati,
sono pagati
a nero,
a cottimo,
a numero cassoni riempiti,
e non beneficiano
ne di indennità
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ne di pensione
nelle province agricole
italiane,
in particolare
le meridionali,
i meccanismi di
intermediazione tradizionale
sono del tutto inefficienti
e nell'impossibilità
di rivolgersi
ai centri per l'impiego
i lavoratori
e imprenditori agricoli
fanno infatti
riferimento
a persone della loro
comunità
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e questi,
i caporali,
garantiscono
la giornata di lavoro
nei campi
e i servizi
accessori:
trasporti,
cibo,
H2O
e ci lucrano
e ne traggono
guadagni illeciti
e tuttavia
nella visione
di chi lo pratica
e ne fa uso,
il caporalato
è un normale meccanismo
di intermediazione
lavorativa,
in cui l'organizzatore
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il caporalato
è un fenomeno
da sempre esistito
nelle campagne italiane,
soprattutto nel meridione
il caporale
è una sorta
di capo-squadra
che è in grado
di radunare
il numero richiesto
di braccianti necessario
al lavoro specifico,
e accompagnarli
sul posto
e facendosi da garante
nei confronti
dell'imprenditore agricolo
e questo fenomeno
ha assunto
forme più drammatiche
e fattispecie
più violente
con il crescente
uso di forza lavoro
immigrata,
che è vulnerabile
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ed è da almeno
15 anni
che operai immigrati
soprattutto
africani
e Est Europa
usano spostarsi
da una zona agricola
all'altra
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si tratta di
forza lavoro nomade,
che dorme
in abitazioni di fortuna,
in condizioni non idonee,
definiti ghetti
e il piè conosciuto
è il Gran Ghetto
di Rignano garganico
a Foggia
dove ogni estate
si radunano
2000-3000 cittadini
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è stato sgombrato
nel febbraio 2017
dalla regione Puglia,
ma è stato sostituito
da decine
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e in definitiva
il caporale
è colui che
da lavoro,
e l'intermediario
tra imprenditore
e bracciante
la legge sul caporalato
la sua approvazione
nell'ottobre 2016
dopo un iter in Parlamento,
è diretta conseguenza
di un'opinione di cui
Sagnet è
l'esponente di punta
e da fenomeno
relegato ad
una marginalità
quasi arcaica,
dal 2011 a oggi
il caporalato
ha guadagnato
un'importanza
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la legge
approvata nel 2016
in tempi rapidi
dal parlamento
modifica in mdo
sostanziale
l'Art. 603-bis del
Codice penale
e allarga
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per la prima volta
vengono riconosciuti
responsabili
2 soggetti distinti:
non solo caporale,
che si occupa
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ma anche e soprattutto
l'imprenditore agricolo,
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e quest'ultimo elemento
fondamentale
perchè stabilisce
che lo sfruttamento
del lavoro
può verificarsi
anche senza il caporale
per quanto essenziale
la legge
appare impronta
ad un approccio
puramente repressivo,
ritenendo
il caporalato
un virus,
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in poche parole
dispone di tutti
gli strumenti
per intervenire
nel momento in cui
viene commesso
il reato,
ma non da soluzioni
per non farlo avvenire
i metodi vessatori
dei caporali
sono stati descritti
in dettaglio
da Yvan Sagnet,
portavoce
dei braccianti in sciopero
a Nardò
e testimone chiave
nel processo Saber
nell'aula bunker
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è stato studente
del Politecnico di torino
ed ha vissuto
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in quanto cercavva
un lavoro
per pagarsi i studi,
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e dopo aver
incitato i compagni
alla rivolta
e aver guidato
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in agricoltura
il costo del personale
ha un peso importante
nella determinazione
dei costi
ma è anche
comprimibile
e lo è
quando il potere
contrattuale
dell'imprenditore agricolo
è basso,
caso che avviene
lungo molte
delle filiere
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perchè
la parte agricola
è solo il promo
anello di una filiera
che attraverso
vari anelli
finisce nelle vendite
della GDO
le origini di produttori,
in diverse aree
del sud Italia
non svolgono
quella funzione aggregativa
cui sarebbero proposte,
ma si limitano
a compilare
i piani operativi
per avere
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ma per identificare
cause caporalato,
e sfruttamento
in agricoltura
bisogna vedere
oltre i campi agricoli
sono per lo più
strutture burocratiche,
anelli di intermediazione
inefficaci
tra la parte agricola
e quella industriale
per i prodotti
trasformati
o tra
agricola
e distributiva del fresco
quindi inefficacie
l'aumento
di intermediazione
produce perdita
di utili lungo
la filiera
e conseguente riduzione
del reddito
per l'agricoltore,
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un mondo agricolo
spezzazo
e poco dinamico
non ha possibilità
di opporsi
alle condizioni,
spesso vessatorie,
che impongono
le grandi catene
e trovandosi
nella condizioni
di dover vendere
prodotti deperibili,
l'agricoltore
deve accettare
il prezzo della GDO
anche se
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e la forte concorrenza
e il peso di rilevanza
assunto negli
ultimi anni
la GDO
nella sua commercializzazione
dei prodotti alimentari,
a fronte di
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e la contrazione
del prezzo
di prodotti freschi
avviene mediante
una serie di
telefonate
con cui il committente
chiama i vari fornitori
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ed allo stesso modo
il ruolo predatorio
della GDO
rappresenta
un ulteriore elemento
di debilitazione
della filiera
e non vi è
contratto fisso
o prezzo minimo
e il tutto è regolato
dal cosiddetto
andamento di mercato
che è viziato
dall'enorme sproporzione
di forze tra
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e l'insieme
di questi elementi
la frammentazione
degli agricoltori,
il malfunzionamento
delle organizzazioni
dei produttori,
i meccanismi
di approvvigionamento
della GDO
rendono la filiera
sempre più debole
e poco competitiva
e favoriscono
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e la conseguenza
è che l'industriale
trasformatore
che ha venduto
allo scoperto
mediante l'asta
cercherà
di rifarsi sull'agricoltore
il quale si rifarà
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in particolare
una catena della GDO
fa gara d'appalto
on-line per
una certa referenza,
come per esempio
1 milione
di bottiglie di passata
e in un'asta
che dura poco più
di 30 minuti
il fornitore con
offerta più bassa
si aggiudica
la commessa
le aste
avvengono
allo scoperto
e normalmente
in primavera
quando la stagione
non è incominciata
e nè è stato chiuso
il contratto
tra produttori
e industriali,
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poi raccolte le offerte
dei fornitori,
convoca
un'asta elettronica
la cui base di partenza
è l'offerta più bassa
per prodotti
trasformati come
pomodori industria,
conserve legumi,
alcuni attori
della GD
stabiliscono il prezzo
prima della stagione
di raccolta,
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e i prodotti
dello sfruttamento
raccolti da
braccianti
sottopagati
e vessati dai caporali,
finiscono
sui scaffali
dei supermercati
o banchi rionali,
senza che
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e tutto ciò
avviene nella
più completa ignoranza
dell'ultimo anello
della filiera,
che è il cittadino-consumatore
non sappiamo
dove va
il pomodoro di Foggia
o se l'aranciata
che beviamo
è prodotta con
arance di Rosarno
o del Brasile
ne se questi prodotti
sono stati raccolti
in condizioni di lavoro
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un'etichetta narrante
che accompagna
il consumatore
verso una scelta
consapevole
e che riduca
al minimo
che il prodotto
sia raccolto
con sfruttamento
per farlo
sarebbe necessario
adottare misure
legislative
che prevedano
un'etichettatura
trasparente
capace di fornire
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e avere una filiera
trasparente
vuol dire
più rischio
nel fare illeciti,
e di conseguenza
antieconomico
lo sfruttamento
perchè rintracciabile,
da organi preposti
e dai consumatori
e quindi
pensare
a tracciabilità reale
e immediata
aumenterebbe
le responsabilità
delle aziende
e die fornitori
lungo tutta
la filiera
e nei confronti
dei cobnsumatori
ovviamente
a questa carenza
di informazioni
potrebbe essere
un modo per agire
alla radice
sulle storture
del sistema
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e per estirpare
il fenomeno del caporalato
alla radice,
non è sufficiente
una legge,
ma servirebbe
un'azione politica
e culturale
a largo raggio
in grado di
rilanciare
tutto il compartyo
e solo con
l'insieme di misure
preventive
e repressive
sarà possibile
porre fine
allo sfruttamento
del lavoro,
così da ridare
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