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L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE DELLA MORTE - DAVID SUDNOW - Coggle Diagram
L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE DELLA MORTE - DAVID SUDNOW
considera le categorie della vita dell’ospedale, come:
• “vita”,
• “malattia”,
• “paziente”,
• “morte”
“morire”, come costituire dalle pratiche del personale ospedaliero, in quanto impegno in interazioni quotidiane all’interno di un ambiente organizzativo.
indaga sui fondamenti procedurali degli eventi.
cerca di elaborare definizioni di fenomeni come la morte, in base alle azioni relative al loro riconoscimento, alla loro gestione e alle loro conseguenze.
Le pratiche del personale sono considerate l’attività madre;
si dedica alla “produzione del morire e della morte”.
Lo scopo è quello di descrivere le componenti culturali dei fenomeni esaminati, scoprendo il loro carattere sociale.
Di fatto lo stesso riconoscimento e la definizione di eventi, come la morte, sono attività sociali. Lo stesso stabilire che una persona è o non è morta è un’attività caratterizzata socialmente;
per descrivere questi fenomeni, è necessario tener conto del carattere socialmente organizzato delle attività di valutazione e delle considerazioni che operano nella scoperta e nella gestione di tali fenomeni, e negli eventi che ne conseguono.
Tutti gli uomini possono considerarsi morenti dal momento in cui nascono.
Nella società occidentale usiamo il termine “morire” una nozione applicabile solo in un senso specifico.
Definizioni come “è morto” o “sta morendo” sono prodotti di procedure di valutazione,
Essere “morto” o “moribondo” equivale a essere considerato come tale da coloro che si impegnano a dare una valutazione. Sudnow cerca di spiegare il modo in cui queste valutazioni sono prodotte e ufficializzate in ospedale. La morte si verifica all’interno di un ordine sociale. I
La previsione della morte illustra come questo ordine è organizzato. Per molti aspetti le caratteristiche decisive per definire una persona che sta morendo rimandano a considerazioni di tipo sociale.
dipendono dei termini di tempo entro i quali è prevista la morte; questi a loro volta dipendono dalla posizione di un individuo nella dimensione temporale di svariate strutture sociali e dalla e dal modo in cui la specificazione dei termini di tempo coinvolge chi la effettua.
“Morire” diventa un “processo” importante nella misura in cui serve a fornire agli altri, e al paziente, una direzione per il futuro.
Il saggio di Sudnow si concentra su ciò che questo schema comporta in relazione al modo in cui vengono svolte le relative attività sociali. Nel caso delle persone anziane ricoverate, queste sono inserite in strutture sociali preparate ad affrontare il fatto che la loro morte sia vicina.
Quando ci si occupa degli anziani non è necessario evitare consapevolmente riferimenti al futuro; con i giovani, invece, i riferimenti al futuro vengono evitati con particolare cura. Se il paziente è anziano non sono necessari sforzi nelle interazioni quotidiane, né propositi di evitare determinati temi. Al contrario con una persona giovane che “sta morendo”.
Nei pazienti anziani, la nozione “morire” assume rilevanza solo se è una possibilità imminente.
Nell’ambito ospedaliero il “morire” deriva dal fatto che si ritiene probabile la morte nel periodo attuale di ricovero;
Sudnow analizza alcune attività implicate nel riconoscimento dell’essere in fin di vita durante la cura nella presunta ultima settimana di vita. Quando un paziente si considera “moribondo” il suo nome viene inserito nella lista dei pazienti in condizioni critiche. Questo inserimento ha funzione comunicativa all’interno dell’Ospedale perché informa che una morte può essere prossima e che i preparativi adeguati a tale possibilità sono adeguati.
È possibile delineare una distinzione fra:
“morte clinica”,
“morte biologica”
“morte sociale”.
La morte sociale è definita dal momento in cui il paziente è trattato come un cadavere, anche se ancora vivo dal punto di vista biologico e clinico.
inizia quando gli attributi socialmente rilevanti di un paziente cominciano a cessare.
consiste in un insieme di pratiche ed può essere vista come una definizione di alcune caratteristiche di ciò che “morire” significa all’interno dell’ospedale.
Spesso gran parte dei pazienti muore senza assistenza, soprattutto a causa del tipo di cure loro riservate quando raggiungono lo stadio del “morire”.
pazienti “comatosi” vengono trattati come fossero essenzialmente morti.
il “trattamento della non-persona”, cioè il trattamento di una persona come se essa non fosse presente.
Il personale prende l’abitudine di trascurare il paziente come entità sociale, a un punto tale che il fatto che esso sia morto può passare di tanto in tanto inosservato.
il personale usa un particolare linguaggio descrittivo che si presume non possa essere decifrato dal paziente.