Cesarotti in una lettera al Van Goens sottolineava la singolare riuscita dei "tableaux" di vita borghese e popolare, aggiungendo però, che se Goldoni avesse avuto «tanto studio quanta natura e “se scrivesse più correttamente», con meno fretta, avrebbe potuto «contrapporsi a Molière».
Questi limiti del nostro sono accennati dal Cesarotti, ma furono poi giustificati positivamente da Gherardo De Rossi che, nel suo libro sul Teatro comico italiano (1794), li considerava come effetto di una esuberante spontaneità, di una singolare e geniale creatività che rendeva
necessaria l’apparente trascuratezza linguistica. De Rossi invitava a studiare le commedie goldoniane nel loro svolgimento, in una storia di fasi e maniere diverse, puntando su quelle "tabernarie" (commedie veneziane) in cui vedeva espresso piú limpidamente il mondo poetico del suo autore