Gli interventisti erano pochi ma influenzavano l’opinione pubblica e il governo che dopo mesi di incertezze passò dalla neutralità all’intervento. Il 26 aprile 1915, il ministro Sonnino e il capo del governo Salandra firmarono il PATTO DI LONDRA (un accordo con Francia, Russia e Inghilterra) in cambio dell’intervento contro l’Austria, in caso di vittoria l’Italia avrebbe ottenuto: Trentino, Alto Adige, Venezia Giulia con Trieste e Gorizia, Istria, Dalmazia e un protettorato (rapporto tra due Stati quando lo Stato più forte aiuta uno più debole) sull'Albania. Il governo allora uscì dalla Triplice Alleanza e iniziò una propaganda interventista per convincere italiani a sostenere il Paese nel conflitto.Il Parlamento lasciò pieni poteri al governo e il 24 maggio 1915 l’Italia, schierata ora con l’Intesa, dichiarò guerra all’Austria.
L’esercito italiano era guidato dal generale Cadorna con una disciplina spietata; i soldati erano soprattutto contadini e operai impreparati e poco equipaggiati. Nell’estate del 1915, Cadorna ordinò di attaccare sul fiume Isonzo ma questa strategia non funzionò e l’esercito italiano perse migliaia di uomini senza avanzare. Cominciò una guerra di posizione col fronte lungo il fiume Isonzo, sul Carso e fino alle Dolomiti.