Già verso la fine degli anni ‘80, nel contesto generale della caduta dei regimi comunisti, riemerse in Ucraina, teatro del gravissimo incidente nucleare di Černobyl´ nel 1986, una tendenza nazionalista, che venne fatta proprio anche da una parte della leadership comunista. L'Ucraina proclamò l’indipendenza dall’Unione Sovietica nell’agosto 1991, entrando a far parte della CSI. Presidente della Repubblica fu eletto Leonid M. Kravčuk (n. 1934). L’ Ucraina ha avuto alcune tensioni con la Russia perché voleva ottenere l’ indipendenza e voleva avvicinarsi sempre di più alla democrazia. Questo determinò un clima di instabilità legato anche all’ irrisolto contrasto tra il presidente ucraino L. Kucma che voleva un governo autoritario e il parlamento che vedeva diminuire sempre di più i suoi poteri. Questa situazione già difficile venne accentuata dalla disoccupazione, criminalità organizzata e corruzione. Le proteste sono proseguite nel mese di gennaio nonostante l'emanazione di severi provvedimenti volti a limitare la libertà d'espressione e il diritto a manifestare, interessando anche le sedi istituzionali della capitale e costringendo il premier Azarov a rassegnare le dimissioni per facilitare una soluzione pacifica del conflitto. Il 22 febbraio 2014, dopo un inasprimento degli scontri e grazie alla mediazione dell’Unione Europea, l’opposizione ha accettato di siglare con Janukovič un accordo che fissava elezioni presidenziali anticipate da tenersi entro il dicembre successivo, il ritorno alla Costituzione del 2004 in modo da limitare i poteri del presidente e formare un governo di unità nazionale e un’amnistia che ha depenalizzato anche il reato di abuso di potere ascritto a Tymošenko; lo stesso giorno il Parlamento ucraino ha votato una risoluzione che fissava al 25 maggio dello stesso anno le elezioni presidenziali anticipate, destituendo Janukovič con l’accusa di avere violato i diritti umani e approvando la liberazione immediata di Tymošenko, il cui braccio destro, Turčinov è stato eletto presidente ad interim, mentre la carica di premier è stata assunta da A. Jatsenjuk.
A seguito di tali eventi, nel marzo 2014 forze filorusse hanno assunto il controllo delle basi militari ucraine in Crimea, e il Consiglio supremo della Repubblica autonoma di Crimea ha votato la secessione dall’Ucraina e la richiesta di annessione alla Federazione russa, decisione confermata con il 97% dei voti favorevoli da un referendum popolare. Nonostante il mancato riconoscimento della comunità internazionale e l’emanazione di sanzioni da parte di Stati Uniti ed Unione europea, il 18 marzo V.V. Putin ha firmato il trattato di adesione della Crimea alla Federazione russa.
Alle elezioni presidenziali ha trionfato, ottenendo al primo turno oltre il 55% dei voti e sconfiggendo nettamente Tymošenko, l'industriale P. Porošenko, filo-occidentale, favorevole all'integrazione con l'Unione europea e alla cessazione dei conflitti, il quale nel mese di agosto ha sciolto il Parlamento e indetto nuove elezioni. Nel febbraio 2015 a Minsk (Bielorussia), grazie alla mediazione di Germania e Francia, le parti (Russia e Ucraina) hanno trovato un’intesa per il cessate il fuoco, che comunque viene ritenuta dalla comunità internazionale estremamente fragile.
Sul fronte interno, l'esecutivo guidato da Jatsenjuk ha continuato a soffrire di una grande instabilità: accusato dagli altri membri della coalizione al governo di frenare le riforme e di ostacolare le inchieste sulla corruzione, nell'aprile 2016 il premier ha rassegnato le dimissioni, dopo aver già superato nel febbraio precedente una mozione di sfiducia che lo aveva però privato della maggioranza; nello stesso mese ha assunto la carica di premier V. Groysman, presidente del Parlamento e uomo molto vicino a Porošenko. Le consultazioni presidenziali svoltesi nel marzo 2019, in un Paese che soffre di una situazione economica e politica in progressivo peggioramento e incapace di porre freno alla corruzi