Don Abbondio e i bravi

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PERSONAGGI PRINCIPALI

• Renzo e Lucia, i promessi sposi.

• Don Abbondio, il curato del paese di Renzo e Lucia.

• Don Rodrigo, prepotente signorotto del luogo,

• che si è invaghito di Lucia.

• Padre Cristoforo, frate cappuccino del convento

• di Pescarenico, che protegge Renzo e Lucia

Don Abbondio stava tornando a casa attraverso una stradicciola

nella sera del 7 novembre dell’anno 1628

d’una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovano nel manoscritto, né in questo luogo né altrove

Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della stradetta, dov’era solito d’alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi: e così fece anche quel giorno.

I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com’era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non si aspettava, e che non avrebbe voluto vedere.

L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo dove era giunto il curato, si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavano dubbio intorno alla loro condizione.


Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l’aspettato era lui.

Domandò subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no.
Domandò subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no.

Perché, al suo apparire, coloro s’eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s’era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s'avviarono incontro.

tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio.

Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che abbreviare.

Or bene gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne di comando, questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai. Ma, signori miei» replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, ma, signori miei, si degnano di mettersi nei miei panni

Ma interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, «ma il matrimonio non si farà, o...» e qui una buona bestemmia, «o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e...» un’altra bestemmia.

«Orsù» interruppe il bravo «se la cosa avesse a decidersi a chiederle, lei ci metterebbe in sacco. » «Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli.


Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d’un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore

Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per scansarli, allora avrebbe voluto prolungare la conversazione e le trattative.