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LA POLITICA ESTERA E LA FINE DELL'ETÀ GIOLITTIANA - Coggle Diagram
LA POLITICA ESTERA E LA FINE DELL'ETÀ GIOLITTIANA
le forti pressioni a cui era sottoposti Giolitti lo convinsero a riprendere l'espansione coloniale.
Le terre "libere" da conquistare nell'area del Mediterraneo era rimasta la Libia.
I nazionalisti, la grande industria,alcune grosse banche, i militari, i liberali conservatori e l'ala riformista del partito socialista erano favorevoli.
Contrari erano i socialisti massimalisti e le minoranze democratiche.
Nel 1911 l'Italia dichiarò guerra alla Turchia e invase la Libia. Dopo i primi successi il conflitto risultò più difficile e lungo del previsto.
Ma nel 1912 la conquistarono insieme all'occupazione delle isole di Rodi e del Dodecaneso, ma produsse risultati deludenti.
Il Paese era inadatto all'agricoltura, la sua ricchezza erano i giacimenti sotterranei di idrocarburi, ma le autorità italiane lo ignoravano e non avviarono alcuna adeguata ispezione del sottosuolo.
Nel 1912 Giolitti concesse il suffragio universale maschile. I cittadini che godevano di ciò diventarono 9 milioni.
Questo cambiamento lasciava prevedere un rafforzamento dei socialisti e la rottura possibile degli equilibri politici.
Per evitare la sua sconfitta, nelle elezioni del 1913 Giolitti firmò con i cattolici il "patto Gentiloni".
Il 26 ottobre 1913 ci furono le prime elezioni a suffragio universale maschile.
I liberali di Giolitti ottennero la maggioranza. tra gli eletti vi erano posizioni differenti che non sarebbe stato facile coordinare in un unico programma.
La rappresentanza in parlamento dei socialisti aumentò. Nel 1914 Giolitti si dimesse per ottenere nuove elezioni.
Con la caduta del governo di Giolitti, si insediò Antonio Salandra.
Riesplosero le tensioni sociali e il governo rispose inviando soldati contro i manifestanti.
Giolitti diresse la politica estera secondo 3 linee:
l'avvicinamento alla Francia
la riconferma della Triplice Alleanza
l'attenzione alla situazione balcanica