Nuovi beni
Nell’epoca dello scambio finanziario-consumerista, a dominare è stato un individualismo sempre più spinto. L’idea centrale, come si è visto, è stata quella di stimolare il desiderio individuale reificandolo in beni ed esperienze di consumo. Certamente, questo meccanismo continuerà a operare anche in futuro: non c’è da dubitare che i consumi individuali siano destinati a rimanere una parte importante della domanda ancora per molti anni.
Cioè, attorno a quali nuove dimensioni di valore si potrà organizzare il prossimo ciclo di sviluppo capitalistico?
Ciò di cui c’è bisogno è una nuova visione strategica che ridisegni le infrastrutture ereditate dal secolo scorso in base ai bisogni e alle opportunità del Ventunesimo secolo.120Se ciò è vero, allora investire nella ricerca – e prima ancora nella formazione – rimane una necessità imprescindibile.121
Più che un insieme di prestazioni individualizzate – che rientrano, cioè, nella logica del modello di consumo – il welfare va dunque concepito di nuovo in rapporto a un progetto di società, a un modo di stare in relazione, di vivere la propria individualità all’interno di una comunità di appartenenza. Più che un costo, il welfare è un investimento: di crescita individuale, di capacitazione, di soddisfazione, di tutela e cura, di coesione.122
il welfare del futuro deve essere riconcettualizzato nei termini di un’infrastruttura sociale capace di mettere a valore le relazioni sociali che, al di là dell’ideologia liberista, rimangono essenziali per gestire i bisogni della popolazione.124
D’altro canto, è chiaro che privatizzare, come statalizzare, vuol dire togliere un bene alla comunità, sottraendolo alla responsabilità di chi dovrebbe prendersene cura. L’unica soluzione ai problemi che ci troviamo ogni giorno ad affrontare è immaginare una terza via tra pubblico e privato, cominciando di nuovo a pensare un orizzonte economico in cui attorno a un bene si possa riorganizzare – in modo leggero e plurale – il legame sociale.127
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