A Zacinto rappresenta uno dei sonetti più famosi di Ugo Foscolo, in cui egli affronta il tema della nostalgia per la terra natale, perduta per sempre, e dell’esilio come condizione politica, ma anche esistenziale. Il poeta, nato nel 1778 nell’isola greca di Zacinto – l’odierna Zante, nel Mar Ionio –, è costretto a una vita di fuga e di esilio: muore infatti a Londra nel 1827, dove si è rifugiato a causa delle sue idee politiche.
La lirica, composta tra il 1802 e il 1803, si apre con una triplice negazione, l’amara constatazione da parte del poeta di avere perduto la propria patria. La sua patria, Zacinto, viene presentata attraverso riferimenti alla cultura classica: la dea Venere suggerisce l’immagine di bellezza e di fecondità, mentre il richiamo a Omero sottolinea l’intenzione di Foscolo di rendere eterna con il suo canto l’isola natale.
Foscolo sviluppa il tema dell’esilio confrontando se stesso con Ulisse, l’eroe omerico dell’Odissea che, al contrario del poeta, poté però tornare a baciare la sua “petrosa Itaca” (v. 11). Dunque, il poeta canta la gloria della sua terra, nella quale però non tornerà mai più, consapevole che la sua morte sarà altrove, in una terra straniera.