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La chiesa tra decadenza e riforme - Coggle Diagram
La chiesa tra decadenza e riforme
Il ruolo forte della Chiesa
Il ruolo della Chiesa di Roma si rafforzò. Nel Medioevo occidentale la chiesa si affermò con un ruolo a tutto campo non solo come autorità spirituale ma anche culturale, politica ed economica.
Grazie al ruolo dei vescovi la Chiesa riuscì a dotarsi di un'organizzazione amministrativa, spirituale e disciplinare.
Il consolidamento del suo potere temporale fu favorito dall'ampliamento dei suoi domini.
Nelle campagne i monasteri divennero i principali centri di produzione economica.
La corruzione degli ecclesiastici
All'inizio del secolo XI la chiesa si trovò in una condizione di grave crisi morale.
La carriera ecclesiastica era divenuta una prerogativa dei figli cadetti.
Per garantire il sostentamento degli uomini di chiesa gli veniva assegnato un beneficio ecclesiastico.
Le più alte cariche religiose erano talmente ambite che molti nobili pagavano grosse somme di denaro macchiandosi così del peccato di simonia.
Inoltre violavano il voto di castità e di celibato, molti si erano uniti a donne in regime di concubinato.
Il movimento di riforma spirituale: cluniacensi, camaldolesi e vallombrosani
Questa situazione finì per suscitare la protesta dei fedeli e di una parte del clero. Proprio dai monasteri partì la condanna.
Un impulso venne da Cluny dove era noto un ordine religioso chiamato cluniacense posto sotto la diretta dipendenza del pontefice.
Sull'esempio di Cluny nacquero nuovi ordini monastici i camaldolesi e i vallombrosani.
Il popolo delle città a sostegno della riforma
Nell'Italia settentrionale si scatenò una violenta campagna contro i vescovi corrotti e l'immoralità della Chiesa: a Milano un movimento di artigiani e di commercianti, i cosiddetti partigiani riuscì a cacciare dalla città l'arcivescovo simoniaco, a Firenze i cittadini ottennero un analogo successo sostenuti dai monaci vallombrosani.
La rivendicazione del primato del papa
Si era diffusa la consapevolezza che uno dei problemi più gravi si trovasse nel cuore della Chiesa e riguardasse la nomina del papa, che era divenuta una prerogativa degli imperatori.
Per porre freno a questa situazione Ottone I di Sassonia si era riservato il diritto di scegliere il capo della cristianità.
La Chiesa tuttavia non poteva tollerare a lungo una simile ingerenza nei propri affari interni.
Nel 1058 il "partito riformatore" riuscì a far nominare papa uno dei propri esponenti, che prese il nome di Niccolò II.
Appoggiato da un monaco benedettino Ildebrando di Soana. Niccolò II ribadì la supremazia politica del papa su qualsiasi autorità terrena, in quanto diretto rappresentante di Dio sulla terra gettando le basi di una vera e propria teocrazia.
Il concilio lateranense (1059)
Il primo atto di Niccolò fu quello di convocare un concilio nel palazzo Laterano a Roma (1059) durante il quale i vescovi stabilirono che l'elezione del pontefice spettava al solo collegio dei cardinali.
Niccolò II fece poi seguire altri decreti con i quali si condannavano la simonia e il concubinato.
La rottura tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Bisanzio
Nel 1054 il papa di Roma e il patriarca di Costantinopoli (Bisanzio) si scomunicarono reciprocamente; il patriarca si rifiutò di riconoscere la superiorità del papa e proclamò lo Scisma da Roma. Questa rottura passò alla storia come Scisma d'Oriente.
Da quel momento la Chiesa greca si definì ortodossa (cioè custode della giusta dottrina) mentre quella di Roma conservò l'appellativo di cattolica (cioè universale).