R.8-R.85 A mezzanotte e mezzo il dottore arrivò. Fu deciso di ricorrere al massimo luminare, al vecchio clinico di celebrità internazionale. A ottantatre anni suonati, il professore Sergio Leprani era sempre il più autorevole; e di riflesso il più caro. Non era però una spesaccia che potesse spaventare i Fossadoro. L'illustre dottore giunse al palazzo verso le ore due, accompagnato, anzi sostenuto, dal primo dei suoi assistenti, il professore Giuseppe Marasca. Come il sommo entrò nella camera, il letargo del Fossadoro sembrava essersi fatto ancora più greve; e l'ansimare più stentato. Sedette ai piedi del letto e lasciò fare al Marasca e all'Albrizzi, i quali gli comunicavano via via i dati: temperatura, cuore, pressione, riflessi eccetera. Il Leprani ascoltava senza fare una piega. Dopo un consulto tra i medici l'Albrizzi, con le dovute cautele, comunicò il perentorio responso del grande Leprani: embolo celebrale, prognosi infausta, nessuna speranza, al massimo ancora una settimana di vita. Quale non fu la stupefazione dell'Albrizzi il mattino dopo quando si ripresentò a palazzo Fossadoro per avere notizie. Ida, la governante, gli apri la porta con un sorriso radioso: <<Tutto bene, dottore, tutto benone! L'avevo sospettato fin dal primo momento, io, ma potevo forse parlare alla presenza di quei professoroni? Una solenne bevuta, nient'altro>>. In quel momento comparve, gioviale, anche lui, il moribondo. <<Grazie, sa, caro Albrizzi, di tutto il disturbo che stanotte si è preso, per me. Mi dispiace proprio... Lo so, lo so, non sono cose che si dovrebbero fare alla mia età>>Stupefazione. Ma anche scandalo. Come il Marasca, primo assistente del Maestro, seppe dall'Albrizzi la "resurrezione" del Fossadoro, andò su tutte le furie: E' assurdo! E' inaudito! Il professor Leprani non sbaglia mai, non può sbagliare! E ormai lui lo ha già dato pubblicamente per cadavere, il Fossadoro. Andrò io stesso a parlare con la contessa>>. Il Marasca, intrepido arrampicatore universitario, parlò chiaro a donna Eloisa: <<Qui sta succedendo una cosa gravissima, il professor Leprani ha sentenziato un esito mortale a breve termine e il paziente se ne va in giro per la casa come se niente fosse. Domeneddio, che disastro. Il prestigio di un clinico sommo, invidiatoci dall'estero, messo a repentaglio cosi! Non possiamo permetterlo assolutamente>>. <<Mi dia lei un consiglio, professore>>. <<Intanto, per prima cosa, persuadere il conte a mettersi a letto, fargli capire che è ammalato, gravemente ammalato>>. <<Ma se lui si sente bene!>> <<No, contessa, questa obiezione da lei non me l'aspettavo. Voglia considerare, mi permetta, anche il buon nome di casa Fossadoro... Se si venisse a sapere la verità, se l'integerrimo magistrato, di illustre famiglia patrizia, diventasse lo zimbello della piazza... Un ubriacone senza freni!>> <<Professore, non le permetto...>> <<Scusi, contessa, ma non è più il caso di fare complimenti. Il professor Leprani deve essere salvato ad ogni costo. In fondo sarà una cosa semplice... Somministrare, ad esempio, i cibi adatti.... Il conte suo marito, eh, eh, non si farà pregare...>> <<E la conclusione sarebbe?>> <<Il professor Leprani non può essere smentito da chicchessia. Ha detto una settimana. Tiriamogli pure il collo, alla sua diagnosi. Vede che in fondo anch'io sono comprensivo. Ma entro quindici giorni, i funerali>>. A palazzo Fossadoro, dove il conte coi più ingegnosi pretesti (il freddo, il vento, l'umidità, lo smog, un principio di raffreddore) veniva tenuto rinchiuso, urgevano le telefonate di circostanza. La diagnosi di Leprani aveva già fatto il giro della città. Telefonavano: le pompe funebri per la scelta della bara, la preparazione della salma egli addobbi di rito; il medico comunale per il certificato di morte; il parroco, impaziente di somministrare l'estrema unzione; l'Istituto degli orfanelli per la rappresentanza ai funerali; il fioraio per le corone. E lui, il conte, sempre sano come un grillo.
Al quattordicesimo giorno il professor Leprani cominciò a dar segni di agitazione. <<Il terribile vecchio>>, domandava, <<ancora non si è deciso?>> Col sangue agli occhi, nel pomeriggio, il professor Marasca si presentò al palazzo Fossadoro accompagnato da due giovani assistenti travestiti da cuochi; e prese possesso della cucina. Alla sera, grande pranzo familiare per l'onomastico di una nipotina. Tra gli invitati, amche l'implacabile Marasca