Dante fu testimone oculare del degrado che caratterizzava l'Italia del nord 200esca/ 300esca, derivato dalla mancanza della figura imperiale, dai conflitti interni ed esterni ai comuni, dalla corruzione interna alla chiesa e, secondo la visione medievale di Dante, dall'eccessivo attaccamento al denaro e dall'ascesa della classe borghese. Dante definiva questa situazione come l'apocalisse, la fine del mondo
Dante ritiene che Dio abbia scelto lui per offrire all'umanità una possibilità di riscatto. Per farlo egli scrive la Divina Commedia: il cammino che egli intraprende attraverso inferno, purgatorio e paradiso è lo stesso che l'umanità deve compiere per salvarsi.
Egli è il terzo mortale a compiere da vivo un viaggio nell'aldilà. Prima di lui furono Enea, che portò alla fondazione dell'impero romano e San Paolo, che pose i fondamenti per la fede cristiana. Egli completa le loro missioni in quanto deve indicare la via di rigenerazione tra impero e chiesa.
La commedia è dunque la storia della personale redenzione di Dante, egli stesso però rappresenta l'intera umanità che compie anch'essa un cammino verso la "felicità in questa vita" in primo luogo, la salvezza eterna in secondo.