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3.POPULISMO AMERICANO, 1, 2, 3, 4 - Coggle Diagram
3.POPULISMO AMERICANO
Le cose in comune erano la popolazione agricola, in USA però erano pochi per via della industrializzazione.
Ma custodivano valori imprenditoriali dei vecchi pioneri colonizzatori; proponevano soluzioni socialisti ma antimonopolistiche.
La protesta e la formazione populista iniziò dopo la Guerra di Secessione a cui si susseguì il rapido processo di trasformazione dell’economia nord-americana.
A partire soprattutto dagli anni 60, alcuni nuovi grandi gruppi industriali e finanziari iniziarono a modificare sensibilmente la struttura dell’impresa e le condizioni degli agricoltori.
In particolare, il controllo esercitato sulla terra dalle compagnie ferroviarie, le tariffe protettive che innalzavano i prezzi dei prodotti industriali,
contestualmente al calo dei prezzi dei prodotti agricoli registrato tra il 1870 e il 1897, ebbero effetti molto duri sul complesso degli interessi rurali.
Scompariva l’azienda personale, soppiantata dalla società per azioni; Veblen definì «proprietà assenteista».
Nel 1890, con l’ammissione dell’ultimo dei vecchi Omnibus States, terminava anche il processo di «colonizzazione» del continente.
E così, come ebbe modo di osservare Turner, si esauriva quel mito della «Frontiera»,
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Sia il Greenback Party, sia le Granges iniziarono però a declinare alle porte degli anni 80: a prendere il posto ad esempio fu la Farmers’ Alliance, Texas nel 1877, avrebbe però preso il loro posto nella battaglia a difesa degli interessi degli agricoltori.
Il movimento delle Alliances divenne un vero movimento di massa, con l’obiettivo principale di difendere gli agricoltori dalle insidie dei debiti.
Gli agricoltori del Sud ottenessero credito dai fornitori sulla base delle rendite previste per il raccolto dell’anno seguente,
ma il finanziatore imponeva di fatto al contadino lo sfruttamento intensivo della monocoltura del cotone, oltre al vincolo di acquistare solo dalle proprie rivendite con tassi molto elevati.
La Texas Alliance tentò di sviluppare un sistema di cooperazione finalizzato a consentire loro di raggiungere un’autonomia economica, in particolare nella vendita collettivamente il cotone ai rivenditori.
Il progetto principale di Macune consisteva infatti nella realizzazione di un sistema di «sottotesoreria», doveva risolvere i problemi che derivavano dalla fluttuazione dei prezzi e dalla scarsità di moneta circolante,
introduzione dimagazzini governativi in cui i coltivatori potevano depositare le merci non deperibili in cambio di certificati aventi il valore di moneta legale pari all’80% dei prodotti dati in custodia.
Gli agricoltori avrebbero avuto modo di liberarsi dal giogo dell’indebitamento e dal conseguente obbligo della monocoltura e evitando la violatilità dle prezzo.
I democratici (nonostante il New Deal) si rifiutarono queste proposte e si andò verso un populismo del partito.
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Nonostante queste opposizioni, la crescente polemica della stampa ostile e la sostanziale rinuncia della Southern Alliance (cui faceva eccezione la componente del Kansas), nel 1891 nacque il People’s Party of the United States of America.
L’ambizione di diventare un partito capace di insidiare il monopolio di democratici e repubblicani aggregando attorno una pluralità di interessi, che non solo quelli agrari.
Nell’anno successivo si pose l’obiettivo di «costruire la cooperazione delle organizzazioni industriali della nazione, il farmer, il salariato, l’artigiano e l’operaio, il produttore e il consumatore».
I punti principali del programma populista: Una moneta flessibile e la libera e illimitata coniazione dell’argento, una più equa tassazione, tassa progressiva sul reddito; nazionalizzazione delle compagnie private; abolizione del monopolio terriero detenuto compagnie.
Il preambolo della « seconda Dichiarazione d’Indipendenza Americana» – fu affidato a Ignatius Donnelly, il quale non esitò a ricorrere a
tutti i motivi retorici che i propagandisti agrari avevano ampiamente sperimentato negli anni precedenti, dipingendo la battaglia populista come una lotta fatale dei «poveri» contro i «milionari».
Nella successivamente al programma di St. Louis si aggiunsero riforme volte alla democratizzazione del sistema politico (l’elezione diretta dei senatori),
riduzione dell’orario a otto ore giornaliere portata avanti dai lavoratori delle industrie e la restrizione dell’immigrazione.
Come candidato alla presidenza fu invece scelto l’ex generale dell’esercito confederato James Waever: 22 voti elettorali (e più di un milione di voti popolari); in tali elezione si autodefinirono “populisti”.
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Il profilo ideologico del populismo americano è stato però oggetto di interpretazioni davvero contrastanti
Il populismo americano esprimeva in sostanza una «ideologia produttivista» che attraversava l’intera società e che comprendeva quasi tutte le classi sociali, tranne i gruppi che venivano considerati parassitari e inattivi, come gli speculatori e i gestori di saloon.
Ma veniva critica come «progressista», sebbene venata di una esplicita critica all’industrialismo e alle sue implicazioni
ma componenti anche l’anti-semitismo, l’irrazionalismo e l’ossessione per le cospirazioni Ku Klux Klan.
Hofstadter sottolineò come le richieste del movimento – che pure potevano essere considerate come espressioni di una forza progressista – fossero in realtà inserite all’interno di una visione moralista, che riaffiori anche nei leader del futuro.
Come ad esempio “l’idea dell’età dell’oro”, un «una considerazione manichea delle lotte sociali», «la concezione della storia come cospirazione e la dottrina del dominio del denaro».
Il People’s Party rifletteva l’anti-intellettualismo fortemente radicato nella cultura politica americana:
rifiuto della modernizzazione e attaccamento nostalgico al passato di un mitico mondo rurale,
e di cui si facevano portatori soprattutto quei settori sociali – come agricoltori e piccoli produttori autonomi – minacciati dalle trasformazioni economiche.
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