I principali produttori di terre rare, prima della metà degli anni Sessanta, erano gli Stati Uniti, grazie alle riserve della miniera di Mountain Pass, situata nel sud-est dello Stato californiano. Tuttavia, verso la fine degli anni Novanta, il primato è passato a Pechino, che ha gradualmente monopolizzato la produzione mondiale di terre rare.
Ma in che modo la Cina ha ottenuto il monopolio di tali elementi? Questa posizione si è venuta a formare con la politica di sussidi messa in atto da Pechino a favore dello sviluppo dell'industria mineraria interna.
Negli anni Novanta, i commercianti cinesi hanno potuto vendere le terre rare ad un prezzo inferiore rispetto a Stati Uniti e Russia, grazie ai sussidi statali. Inoltre, la Cina ottiene oltre la metà delle terre rare come prodotto di scarto dalle miniere di ferro, e ciò significa che non vi sono alcuni costi d'estrazione diretto. Altri vantaggi sono il basso costo del lavoro e del capitale e la scarsa attenzione all'ambiente.
Il monopolio delle terre rare permette alla Cina di avere un potere contrattuale sempre maggiore nei confronti degli altri Stati. L'esempio più evidente si è avuto in seguito ai provvedimenti presi dall'amministrazione statunitense nei confronti di Huawei: l'intelligence americana aveva dichiarato prodotti e sistemi del famoso marchio cinese "pericolosi", perché in grado di spiare le comunicazioni degli utenti americani.
Tramite le restrizioni, alle società americane è stato imposto di interrompere i rapporti con la casa di Shezhen, e tutti questi provvedimenti hanno destabilizzato i commerci e scaturito la reazione della Cina, la quale ha minacciato gli Stati Uniti di interrompere il rifornimento di terre rare, rischiando così di mettere in ginocchio il comparto tecnologico americano, che dipende in maniera vitale da questi 17 elementi.
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