Nel maggio del 1974 si svolge il referendum sul divorzio, che rappresenta un momento di passaggio decisivo nella storia politica italiana ed in particolare nella vicenda del centrosinistra. La scelta imposta dal referendum, infatti, segna una netta spaccatura tra laici e cattolici e perciò mette a nudo l’incapacità dell’alleanza tra DC e PSI di proporsi come guida della società civile a causa del forte disaccordo su molti temi cruciali come, oltre al divorzio, l’aborto, la politica economica e l’ordine pubblico (la legge Reale, che da più poteri alle forze di polizia, passa malgrado l’astensione socialista, grazie al voto favorevole dei missini).
A fine anno i socialisti escono dal governo Rumor, al quale succede un esecutivo guidato dal leader democristiano Aldo Moro, favorevole ad instaurare un dialogo con l’opposizione comunista. Sei mesi più tardi, alle elezioni amministrative, le prime in cui votano anche i diciottenni, il PCI ottiene un notevole successo, ridisegnando a vantaggio delle forze di sinistra la mappa del potere locale
Per lo scenario politico italiano è un piccolo terremoto: il massiccio spostamento a sinistra dell’elettorato - non solo quello giovanile giovani, ma anche ceti medi e cattolici – dimostra che per la prima volta si guarda al PCI non più come fautore di tendenze rivoluzionarie, bensì di tecniche di buon governo.
Sullo sfondo, intanto, impazza il terrorismo in un clima di terrore e di tensione.
E proprio per fronteggiare questa drammatica situazione, si fa strada l’idea di un governo di solidarietà nazionale, cioè con la partecipazione anche del PCI. La legislatura termina con lo scioglimento anticipato delle camere, per iniziativa dei socialisti che vogliono sfruttare alle politiche l’onda del successo elettorale delle amministrative. Le elezioni del 20 giugno 1976, segneranno una nuova svolta nella storia politica italiana.