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8.4 GEOMED: GEOPOLITICA DIGITALE - Coggle Diagram
8.4 GEOMED: GEOPOLITICA DIGITALE
LA GEOPOLITICA DEL DIGITALE
a cura di Jean-Pierre Darnis e Carolina Polito 2019
Associare il termine “geopolitica” al digitale può
sembrare impresa ardita
. In effetti,
la geopolitica porta in sé un riferimento geografico
, quello di un’analisi delle dimensioni di potere
contestualizzate nel territorio.
Per questo motivo la
geopolitica ha spesso mostrato dei limiti
, diventando a volte il pretesto per
sviluppare un pensiero realista piuttosto datato
, in quanto molto legato alle frontiere e all’
estendersi del dominio del controllo seguendo una logica vestfaliana
.
Seguendo questo filone può dunque sembrare un
controsenso associare una riflessione sulle conseguenze del digitale nella politica internazionale a una riflessione geopolitica
L’uso del termine
geopolitica però non è casuale
: nello scenario internazionale si sta difatti in
misura crescente assistendo a una serie di sviluppi che tendono verso una territorializzazione del dominio digitale
, una dimensione che sembra intrisa di tendenze contradittorie, fra aperture e chiusure.
Agli albori di Internet c’era la rete
Advanced Research Projects Agency Network (Arpanet) la quale metteva in comunicazione i primi “nodi” poggiando sullo scambio di dati tramite pacchetti
. Questa si è poi sviluppata attraverso una serie di successive innovazioni promosse dalla
mobilitazione congiunta della difesa e della ricerca scientifica per costituire gli elementi di quella che diventerà la rete globale
.
In quel contesto, senza ripercorrere l’insieme di queste costruzioni successive
bisogna rilevare che, accanto a concetti istituzionali tradizionalmente più chiusi
, una visione più aperta prende piede negli Usa,
quella che ha spinto i vari scienziati e programmatori a sviluppare uno strumento per la condivisione delle informazioni che fosse il più largo possibile,
applicando a un’ambiente sempre più vasto la filosofia della trasparenza e della condivisione fra pari, consustanziale del lavoro scientifico
.
L’origine storico-scientifica della rete, che si sviluppa fra
laboratori e centri di ricerca statunitensi, porta quindi con sé una filosofia di apertura e trasparenza
, e un’idea di progresso che poggia sulla maggiore diffusione delle informazioni.
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, anche perché il digitale del world wide web veicola l’idea di un “
non territorio
”, o piuttosto quella di un territorio universale.
Abbiamo quindi assistito a una
securitizzazione dello spazio cibernetico attraverso lo sviluppo di una specifica sociologia di apparati pubblici
all’interno degli operatori della sicurezza dedicati alle attività di “sicurezza cibernetica”.
Contribuendo a replicare nel
mondo digitale la protezione delle frontiere nazionali
, la securitizzazione risulta dunque evidentemente in
contro-tendenza rispetto alla promessa universalista dello sviluppo digitale
.
Nel
caso europeo
, questo sviluppo crea inoltre
una serie di impedimenti dati dalle dimensioni e possibilità assai limitate delle risposte statali a fronte delle sfide mondiali che coinvolgono
, tra gli altri, anche gruppi industriali di una tale ampiezza da rendere arduo per il singolo stato relazionarsi e contrattare in modo autonomo con questi soggetti.
In contrasto con questa nazionalizzazione dello spazio cibernetico,
abbiamo altresì osservato l’evolversi di un’azione congiunta dell’Unione europea
.
A partire dalle posizioni in materia di antitrust digitale della Commissione europea, la quale ha
mostrato una capacità di richiamare all’ordine e multare i colossi tecnologici quando questi si scontrano contro i principi di concorrenza
.
Tali iniziative illustrano l’importante lavoro da parte di una Commissione europea che, su mandato del Consiglio,
si mostra attiva colmando di fatto anche i vuoti di competenza e di mobilitazione politica della maggior parte degli stati membri
, i quali non sembrano riuscire a stare al passo né con l’evoluzione tecnologica né con le sue conseguenze politiche.
La Gdpr è stata
discussa per suoi effetti perversi
, quali ad esempio la
barriera che di fatto rappresenta per le società non europee quando vogliono operare in Europa e viceversa
, nonché per aspetti legati all’organizzazione di un sistema di dichiarazione a volte faticoso.
Nondimeno, la Gdpr rappresenta un
esempio in larga misura positivo di legislazione europea che non soltanto riempie il vuoto della tutela dei dati personali nel contesto digitale
, ma impone anche la forza di un sistema regolatorio europeo collocandosi come riferimento, se non esempio, a livello mondiale.
Dal canto suo, il Cybersecurity Act rinforza il ruolo dell’Enisa, l’agenzia europea per la sicurezza cibernetica, aprendo un primo spiraglio circa
la possibilità di sostegno operativo agli stati membri e soprattutto conferendole un ruolo chiave nella gestione del nuovo schema europea di certificazione di sicurezza cibernetica
.
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Da questo punto di vista occorre, inoltre, evocare il
dibattito intorno alle norme valoriali veicolate e sviluppate dagli algoritmi
:
si tratta di una questione estremamente rilevante nel contesto dello
sviluppo delle tecnologie dell’intelligenza artificiale e
, anche in questo caso,
possiamo osservare diversi trend che si scontrano e che riflettono visioni diverse del mondo.
In riferimento alla creazione di nuovi sistemi normativi, infine, occorre sottolineare
l’importanza dell’evoluzione dell’uso dei dati digitali nel contesto giudiziario
, la cosiddetta e-Evidence, che pone una serie di questioni non soltanto da un
punto di vista dalla regolamentazione giuridica del dato
, ma anche dei rapporti internazionali e del regime di scambi di dati ai fini di procedure di giustizia internazionali.
La tensione che intercorre nei fenomeni
descritti tra individuo, sviluppo tecnologico e controllo statale risulta particolarmente evidente se si fa riferimento a un evento storico preciso
, quello delle cosiddette “
primavere arabe
” del 2011.
Partendo da un episodio di ribellione contro la polizia in Tunisia, si diffonderà in modo estremamente veloce una mobilitazione contro poteri autoritari in una serie di Paesi del Maghreb e del Medio Oriente,
mobilitazione che corre
poggiando sulle tecnologie dell’informazione e in modo più specifico su alcuni applicativi di condivisione di notizie tramite telefoni cellulari che scavalcano il classico controllo dell’informazione
organizzato da parte dei poteri autoritari per rimbalzare da un Paese all’altro e mettere sotto gli occhi del mondo intero delle dinamiche locali,
creando un
effetto di diffusione e di legittimazione tramite la mobilitazione di una rete estesa di sostenitori
e di informazioni rilanciate da parte dei media tradizionali.
In quel contesto, si diffonde quindi l’idea che il digitale
assicurerebbe una trasparenza delle informazioni e ridurrebbe i margini di chi non segue le regole del contesto di riferimento
, quello delle liberal-democrazie occidentali.
Ma le primavere arabe presentano anche
una serie di aspetti che ci aiutano a percepire i limiti della visione tecno-universalista
. Prima di tutto queste non hanno determinato cambi radicali di regime, quanto piuttosto la trasformazione di alcuni poteri, con avvicendamenti delle élite al comando.
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Tali dinamiche sono sensibilmente diverse nel contesto cinese, dove le
aziende leader del mercato tecnologico e digitale sono sempre controllate dallo stato
,
quantomeno attraverso la
presenza di almeno un rappresentante del partito popolare cinese all’interno delle aziende nazionali
, presenza che favorisce la creazione un blocco piuttosto solido nel programmare e perseguire gli interessi tecnologici e politici nazionali.
Vediamo quindi che
i colossi delle tecnologie dell’informazione affrontano il mercato secondo schemi diversi
, il che tra l’altro ci deve spingere ad interrogare la visione trasmessa da alcune aziende.
Oggi, di fronte alla pervasività tecnologica, quasi onnipresente, e alla particolare dimensione moltiplicatrice delle
imprese digitali che agisce come un ampliamento all’infinito delle visioni del fondatore
, occorre quindi infine anche approfondire l’analisi delle personalità che si trovano a capo di queste strutture.
Un altro contesto nel quale il paragone con la Guerra Fredda potrebbe risultare opportuno è quello della corsa alla “
potenza digitale”, e in particolar modo della “corsa agli armamenti cyber
”,
con la quale si intende la
competizione per lo sviluppo e il controllo di armi cibernetiche
, una dimensione preoccupante specialmente per le difficoltà di controllo delle fonti di produzione e della proliferazione.
Per questo motivo, si deve anche
pensare ad interrogare il bagaglio di esperienza internazionale nel campo della non-proliferazione per capire se si possono mutuare norme applicabili nel contesto cibernetico
.
Specialmente in virtù del fatto che accanto ai due Paesi considerati come fonti principali di attacchi,
la Russia e la Cina, constatiamo la crescita delle capacità cibernetiche da parte di un insieme di Paesi
, si pongono spesso come antagonisti nei confronti dell’occidente, come nel caso della Corea del Nord.
In questi contesti abbiamo di fatto una
differenziazione rispetto alla visione occidentale
, che si traduce non solo nell’inasprimento delle relative posizioni militari ma anche
nell’accrescersi delle tensioni intorno al miglior modello di governance della rete
. Tra l’altro il concetto stesso di “Occidente” nel contesto cibernetico può risultare abbastanza astratto.
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