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POLITICA ED ECONOMIA NEL PENSIERO ILLUMINISTA - Coggle Diagram
POLITICA ED ECONOMIA NEL PENSIERO ILLUMINISTA
LE TEORIE POLITICHE
La cultura dei lumi aveva una finalità pratica: la luce della ragione doveva illuminare anche la vita pubblica, l'ordine sociale e le istituzioni politiche. Gli eventi rivoluzionari che si sarebbero verificati alla fine del Settecento sono stati influenzati dalle posizioni degli illuministi
Molti pensatori criticavano il potere assoluto così come veniva esercitato al tempo, ma non tutti condividevano le stesse idee, per esempio riguardo ai privilegi dell'aristocrazia. Ciò aveva principalmente due ragioni:
molti illuministi provenivano proprio dalla nobiltà
era diffusa la preoccupazione che mette in dubbio gli equilibri sociali avrebbe portato a una rivolta dei ceti popolarti
Il filosofo francese Voltaire riteneva che fossero le riforme il sistema opportuno per colpire i privilegi della nobiltà e del clero: era necessario un sovrano "illuminato"
Altri illuministi invece non mostrarono fiducia nell'opera dei sovrani e teorizzarono la fine del sistema della monarchia assoluta: cominciarono a discutere di Costituzione, di parlamenti, del diritto agli uomini, considerati non più sudditi ma cittadini, a partecipare alla vita politica tramite il voto
MONTESQUIEU E LA SEPARAZIONE DEI POTERI
Nel 1748 il francese Charles de Montesquieu pubblicò Lo spirito delle leggi. In questo libro egli condannava qualsiasi forma di assolutismo, criticando il fatto che << un solo uomo, senza legge e senza regola, trascina tutto e tutti dietro la sua volontà e i suoi capricci>>. Egli proponeva due interventi
Realizzare l'equilibrio tra i poteri fondamentali dello Stato, ovvero il potere legislativo, il potere esecutivo e quello giudiziario. Secondo Montesquieu, ciascuno dotato di piena autonomia: in questo modo ognuno avrebbe controllato e limitato l'altro
Trasformare la monarchia assoluta come quella francese in monarchia parlamentare e costituzionale all'inglese
ROUSSEAU E LA DEMOCRAZIA
Lo svizzero Jean-Jacques Roasseu mise al centro del suo pensiero la disparità tra ricchi e poveri.
L'opera più celebre dedicata alla teoria politica è il Contratto sociale, in cui egli sostiene che lo Stato nasce da un contratto tra uomini che, nati liberi e uguali, decidono di vivere insieme nel rispetto di determinate regole e di rinunciare ai propri interessi in nome di quelli di tutti
In questo modo le leggi sono espressione del consenso di tutti i membri della società e perseguono, quindi, il bene comune.
Secondo Rousseau, per difendere la libertà degli individui, l'esercizio del potere doveva appartenere al popolo. Portavoce di quest'ultimo era il Parlamento, i cui membri potevano essere sostituiti in ogni momento e dovevano obbedire alla volontà generale del popolo
LA NASCITA DEL LIBERISMO
Gli illuministi si dedicarono anche allo studio dell'economia, in particolare cercarono di capire come produrre più ricchezze per migliorare il generale livello di vita. Verso la metà del secolo in Francia venne messo in discussione il mercantilismo attuato da Colbert in poi
In Inghilterra le idee di Adam Smith fu il fondatore di una corrente di pensiero chiamata liberismo. Secondo Smith il singolo individuo è mosso da motivazioni egoistiche ed è indifferente all'interesse pubblico; tuttavia l'agire egoistico produce conseguenze positive sulla società
Secondo Smith il singolo individuo è mosso da motivazioni egoistiche ed è indifferente all'interesse pubblico; tuttavia l'agire egoistico produce conseguenze positive sulla società: anche se le persone agiscono in base ai propri interessi personali, spinte dal desiderio di arricchirsi, stimolando lo sviluppo e la ricchezza comune grazie alle leggi del mercato
Il mercato è infatti regolato da una legge naturale: poiché i diversi individui sono tra loro in concorrenza, ciascuno si impegna a migliorare la qualità dei prodotti, ad affinare le tecniche per produrli e a offrirli a prezzi più bassi per vendere di più rispetto agli altri. In questo modo la comunità intera trae beneficio dal desiderio di guadagno degli imprenditori.
Da queste premesse deriva l'ideale dello Stato liberale, ossia di uno Stato che deve limitarsi al controllo degli eccessi e di eventuali violazioni della libertà individuali, ma non deve intervenire in campo economico per non ostacolare il naturale andamento del mercato