Nel 700 nelle colonie inglesi d’America ci fu un’enorme crescita demografica soprattutto grazie all’immigrazione europea del XVII e XVIII secolo. L’incremento demografico delle colonie inglesi fu determinato anche dall’elevata produttività dell’agricoltura. L’equilibrio tra popolazione e risorse fu raggiunto anche grazie alla differenziazione produttiva delle colonie, delle tre sezioni del nord, del centro e del sud. La funzione economica produttiva del sud, in particolare quella della Virginia andò strutturandosi intorno alla piantagione del tabacco. Si andò formando un ceto di grandi proprietari che investivano cospicui capitali in terre e schiavi. Completamente diverso era il carattere della sezione del nord: nelle coloni e del New England, la piccola chiesa-comunità puritana era la base economica della società. Il gruppo si muoveva alla ricerca di terre verso l’ovest, e una volta insidiatosi, fondato un nuovo villaggio, i terreni erano divisi equamente tra le diverse famiglie. Questa economia domestica non avrebbe mai potuto trovare sbocchi di mercato. Il carattere fondamentale di questa zona era piuttosto costituito dalla vitalità delle città: piccoli e grandi porti, industria della cantieristica, residenze della burocrazia imperiale contribuirono ad accrescere soprattutto nel 700 le funzioni urbane e a differenziare una struttura sociale fatta di mercanti, professionisti, pubblici ufficiali, artigiani e salariati. Al centro incontriamo una sezione-cerniera di cui le colonie di New York, della Pensilvania, del New Jersey costituirono la sezione più dinamica. Avevano un sistema di agricoltura mista e una rete portuale in grado di rafforzare il rapporto tra agricoltura e commercio. Anche nelle colonie del centro andò affermandosi un ceto di commercianti professionisti che caratterizzarono a lungo la società di queste zone. Fino alla metà del XVIII secolo il quadro di riferimento economico per le colonie americane fu l’impero britannico ed è necessario distinguere 2 fasi: la prima tra l’atto di navigazione del 1651 e i primi decenni del 700. la seconda tra il 1730 e il 1760. la prima fase è caratterizzata dall’incontro tra le grandi compagnie per il commercio che avevano favorito la colonizzazione americana e le classi dirigenti dell’Inghilterra, corte e ministri, promotori di una politica mercantilistica. Entrambi, compagnie e potere politico inglese collocavano l’economia americana entro un rapporto di scambio interno all’economia imperiale, in cui le colonie avevano funzioni specializzate, una posizione di servizio rispetto alla madre patria, l’obbligo di assicurare all’Inghilterra il monopolio dei prodotti coloniali. Attraverso le colonie l’Inghilterra si assicurava la piena autosufficienza. A partire dal 1730 i numerosi punti di fuga del sistema mercantilistico imperiale, la crescita economica delle colonie, la nascita e la formazione di un’elite coloniale sempre più cosciente dei suoi diritti e autonomia, l’accentuarsi dei motivi di conflitto con la madre patria crearono le premesse per una seconda fase del rapporto tra colonia e madrepatria.