Dante è all'ingresso dell'Inferno, oltre questa non vi può essere un ritorno. Nelle parole solenni e minacciose incise sulla porta risuona una sentenza senza appello: per chi è giunto lì la pena sarà eterna, la redenzione impossibile. Dante ha un compito, mostrare ai peccatori dove conduce la loro strada. Lui ha cercato di l'aiuto di Dio per uscire dalla selva, ha accettato di intraprendere un duro viaggio per ritrovare la retta via. Finché l'uomo è in vita, il pentimento sincero può riportarlo alla grazia e al perdono, ma dopo la morte tornare a Dio non sarà più possibile. Il peccatore ha sprecato la sua occasione, ha disprezzato l'amore divino e per questo per lui non ci sarà pietà, soltanto il buio e l'orrore della dannazione. Questa è la realtà immutabile dei dannati.
Figure retoriche
Per me...: anafora (ripetizione di due o più parole all'inzio di un verso) serve qui per ribadire il concetto di eternità della pena
Allitterazone della lettera t: ripetizione di suoni all'interno delle paraole in più versi. Qui il suono ripetuto è martellante per far emergere l'insistenza del concetto di dolore e angoscia del luogo.
I primi 9 versi rappresentano una personificazione della porta che Dante usa per far risaltare la mnaccia del luogo.