Un viaggio con le mucche (Novella n. 10): L'estate in città è particolarmente afosa e Marcovaldo, non riuscendo a dormire nella soffitta troppo angusta in cui vive con tutta la sua famiglia, ascolta i rumori notturni della città. La finestra è aperta, e l'orecchio sensibile del protagonista coglie, nei rumori ovattati dei rari passanti, un sentore di solitudine umana. Marcovaldo si sente solidale nei confronti di chi, come lui, sogna di evadere dall'oppressione urbana, e di alleviare il peso di una condizione economica familiare in bilico. Ed ecco che un suono di campane, un latrato di un cane, un rumore che assomiglia a un muggito, accendono la curiosità del manovale che, accompagnato dai figli, si precipita in strada per assistere a un evento inusuale: una mandria di mucche che attraversano la strada, guidate dai pastori verso le montagne. Solo di notte può avvenire questo tipo di intrusione anomala per la realtà cittadina e industriale, in cui la natura è soffocata dal cemento e dai fumi insalubri dell'esistenza contemporanea. Michelino, il più grande dei figli di Marcovaldo sfugge all'attenzione del padre e segue quei curiosi animali. Nei giorni successivi Marcovaldo apprende che il figlio sta bene e sta trascorrendo le giornate sulle montagne, ed è così che Marcovaldo invidia quasi Michelino, immaginando il figlio disteso sui prati al fresco, cullato da una natura generosa e prodiga di armonia e serenità. Al ritorno, però, Michelino fa emergere come la vita contadina sia altrettanto dura di quella urbana, dominata dalla fatica e dallo sfruttamento del lavoro che spegne ogni ardore e ogni possibilità di contemplazione di una natura che si rivela avara.
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