Nell’839 la città si staccò dal Ducato di Napoli costituendosi in stato autonomo retto prima da un conte eletto, annualmente, dai rappresentanti delle famiglie nobili amalfitane, ed in seguito da un duca. In quel periodo i confini di Amalfi si estendevano a Cetara, a Positano, compresa l’isola di Capri e l’arcipelago de Li Galli, e verso l’interno, oltre i Monti Lattari, fino a Gragnano, in provincia di Napoli.
Era il momento della massima espansione, durante il quale si avviava la fitta rete di rapporti diplomatici e la rivalità con Pisa, Genova e Venezia non era un pericolo per la città, che batteva una propria moneta, il tarì.
A questo periodo di grande splendore risalgono le Tavole amalfitane, un codice di diritto marittimo per regolare la navigazione.
Nel 1039 Guaimario V, principe di Salerno, si impadronì della città fino a quando gli amalfitani si rivolsero a Roberto il Guiscardo. Salerno capitolò ma Amalfi fu occupata dai Normanni. Da questo momento inizia il declino della città e se ne approfittarono i Pisani, acerrimi nemici degli Amalfitani, che sconfissero e saccheggiarono la città.
Nel 1343 uno spaventoso maremoto investì la costiera e gran parte dell’abitato andò distrutto. Cinque anni dopo, la peste del 1348, completò l’opera e Amalfi e tutte le cittadine della costiera si avviarono a diventare modesti paesi.
Soltanto nell’’800 l’affermazione del fenomeno turistico ridiede incremento ad una città che rappresenta l’epicentro economico di tutta la costiera che da Amalfi prende il nome.
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