La società francese infatti era rimasta ancora divisa, dal medioevo, in tre classi sociali: Nobiltà, Clero e Terzo stato. La nobiltà e il clero erano classi oziose ovvero ricavavano rendite dai loro territori coltivabili, non pagavano imposte sulle proprietà terriere ed inoltre i nobili occupavano le più alte cariche dello stato e dell'esercito. Il terzo stato (98% della popolazione) era composto da gruppi attivi sui quali ricadeva la quasi totalità delle tasse: artigiani, operai, borghesi (commercianti, banchieri, imprenditori), contadini. In particolare i contadini dovevano pagare anche le decime (tributo pagato alla chiesa che corrispondeva alla decima parte del raccolto) ed erano assoggettati alle corvées (prestazioni di lavoro gratuite che i contadini erano costretti a fornire al proprio signore).
CRISI ECONOMICA: il paese si era indebitato per finanziare le guerre e per mantenere nel lusso i nobili di Versailles. Ad aggravare questa situazione contribuirono la carestia e la crisi produttiva riguardante le manifatture tessili. Per far fronte alla crisi Luigi XVI estese il pagamento delle imposte a tutti i sudditi pur contrariamente alla volontà di nobiltà e clero.
Luigi XVI decide allora di convocare gli stati generali per il 5 maggio 1789 chiedendo a tutti i sudditi di avanzare proposte per far fronte alla crisi. Quindi i francesi scrissero i Cahiers de doléances (quaderni delle lamentele), cioè documenti nei quali venivano esposte le richieste di riforme da parte del popolo.
Il primo dibattito durante gli stati generali si ha sulla modalità di voto: nobiltà e clero volevano votare per stato, cioè un voto per il clero, uno per la nobiltà e uno per il terzo stato, mentre il terzo stato voleva votare per testa, voleva cioè che a ogni deputato corrispondesse un voto. Per non mettersi conto nobiltà e clero Luigi XVI decise di sciogliere l'assemblea e di rifiutare la proposta del terzo stato.