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Una lingua per lo stato nazionale - Coggle Diagram
Una lingua per lo stato nazionale
Lingua della prosa letteraria
Gli scapigliati si posero contro il pensiero manzoniano, ricercando una lingua letteraria diversa da quella tradizionale e da quella colloquiale
Carlo Dossi e Giovanni Faldella diedero vita ad un <<espressionismo linguistico>> dove i raffinati accostamenti di aulicismi, arcaismi, dialettalismi etc si coniuga con un uso della punteggiatura che infrange le norme consolidate.
La lingua della Quarantana non fu recepita né subito né completamente. Infatti per i poeti non fiorentini era difficile imitare il linguaggio fiorentino quotidiano e seppure ci fosse riuscito il suo gusto più conservatore gli avrebbe impedito di scrivere un'opera in quella lingua
I Promessi sposi vennero imitati solo a livello tematico e non linguistico almeno fino al XIX secolo.
I veristi analizzando la realtà in modo oggettivo non potevano non considerare il dialetto e quindi si opposero al modello manzoniano che non calzava per la rappresentazione di umili e piccoli artigiani, napoletani, siciliani o calabresi
Luigi Capuana trovò una non-soluzione descrivendo il proprio romanzo "Giacinta" come <<una prosa, mezza francese, mezza regionale e mezza confusionale come tutte le cose messe di fretta>>. Era piena di toscanismi popolari, regionalismi siciliani.
Giovanni Verga uniformò la lingua del narratore con quella dei personaggi caratterizzandola di fenomeni tipici di ogni parlata italiana. Troviamo il 'che' per subordinate generali, la dislocazione e la sovrabbondanza di pronomi 'gli per "a lei". Gli elementi siciliani restano, ma in numero limitato e nascosti.
Politica linguistica del fascismo
La politica del fascismo sulla lingua non ebbe molto successo
Mise in atto una politica data a:
Ridurre i dialetti e le lingue minoritarie bandendoli nelle scuole e favorendo esclusivamente la grammatica italiana
Rifiuto di parole straniere
Nella seconda parte degli anni trenta il <<purismo di regime>> si inasprì bandendo i francesismi non adattati, per quanto riguarda quelli adattati fu difficile, quasi impossibile sostituirli
Si impegnò in una campagna contro il "lei" considerato spagnolo e tipico degli antifascisti a favore del "voi"
Rinnovamento della lingua poetica
Giosue Carducci
Attuò un primo cambiamento con le Odi Barbare che inseriscono l'italiano nel ritmo dei versi greci e latini.
Giovanni Pascoli
Si ha la prima rivoluzione, taglia le rime in parole tronche "cor e amor" che caratterizzavano la poesia del Cinquecento. Inizia ad impiegare frasi coordinate, ad usare l'onomatopea e prendere parti del lessico di ambiti diversi.
La caratteristica più importante sono gli effetti fonosintattici cioè accostamenti di suoni per evocare le cose.
Ottocento
Fino all'Ottocento la lirica rimase classicheggiante e fedele alla lingua di Petrarca. Il cambiamento iniziò con il Romanticismo, emersero i primi termini di vita quotidiana che fino ad allora erano comparsi sola nella lirica satirica
Gabriele D'Annunzio
Usa gli effetti fonosintattici in Alcyone e condivide con Pascoli l'utilizzo di scelte lessicali rare e preziose, di linguaggi della tecnica. Tipico di D'Annunzio è il procedere per accumuli di parole. Il suo intento è diverso da quello di Pascoli, infatti nel pescarese modernità e arcaismo convivono.
Crepuscolari
Insieme ai futuristi capeggiati da Tommaso Marinetti recidono il legame con il passato, teorizzando le <<parole in libertà>> cioè il sovvertimento della punteggiatura l'abolizione della struttura logica a favore degli accostamenti per analogia, le onomatopee e le frasi nominali.