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La codificazione - Coggle Diagram

- - - - soprattutto nella poesia che mostra una toscanizzazione avendo come riferimento Petrarca
  - - - Paesi come come Spagna, Francia e Inghilterra avevano una grande estensione e forza politica ed esportando dei prodotti esportarono anche la loro lingua.
        
        L'Italia era divisi in numerosi stati, che impedivano anche lo sviluppo delle industrie tipografiche perché oltre i confini di uno stato non si potevano vendere copie a causa della differenti varietà.
        
        Pietro Bembo maturò la sua proposta di normalizzazione linguistica curando le edizioni di Aldo Manuzio.
        
        Vale la pena di ricordare la frase di Antonio Gramsci <<Ogni volta che affiora la questione lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi>>
        
        La sua tesi prevalse perchè affidata a un uso letterario di una lingua immobile (scritta) che si diffuse anche grazie alle 'Prose della volgar lingua' una grammatica del fiorentino trecentesco in forma di dialogo
- - - - Esempi li troviamo in Leopardi o Foscolo che scrivevano <<benchè tu vadi>> o <<i stemmi>> nonostante la loro preparazione sia stata eccelsa. Anche oggi abbiamo una mutazione della norma con l'utilizzo di gli (pronome maschile singolare), anche per il plurale, mentre è un errore se si riferisce al plurale.
- - - - Nel 1504 Sannazaro pubblicò il romanzo Arcadia e l'anno dopo Bembo pubblicò gli Asolani
        
        I due fecero una scelta classicistica basato su un principio estetico semplice e concordavano sul fatto che per realizzare una buona letteratura si dovesse emulare Dante, Petrarca e Boccaccio
        
        Si svilupparono sostantivi in -gione, aggettivi in -evole, nessi connettivi e arcaismi lessicali.
        
        A Bembo rispose i difensori della lingua <<cortigiana>>, cioè parlata nelle varie coorti. Essa era varia con tratti municipali e influenzata nel lessico, nella fonetica e nella scrittura dal latino
        
        Trissino realizzò una propria tesi studiando il "De vulgari eloquentia" affermando che Dante non scrivesse in fiorentino, ma in una lingua mista che raccogliesse tutti i migliori tratti delle varietà italiane
        
        Trissino lasciò intendere che ci fossero delle differenze tra fiorentino trecentesco e quattro-cinquecentesco. Trissino suggeriva l'idea di una lingua <<mista>> che per la prima volta venne chiamata italiana