Per questo, il 3 agosto 1914 il primo ministro Antonio Salandra dichiara la neutralità dell'Italia. Il paese e il parlamento si dividono in interventisti e neutralisti. Giolitti, leader dei neutralisti, ragiona anche in termini economici, ed è contrario alla guerra: dice che c'è uno sforzo che l'economia italiana non può sostenere. La chiesa è contraria la guerra perché solidale con l'Austria, che è sempre stata vicina al Vaticano. I socialisti italiani rimangono in Europa, fedeli alla neutralità (a differenza di quelli francesi e tedeschi), ed espellono dal partito il direttore del giornale “l'Avanti”, Benito Mussolini, perché aveva infranto il principio della neutralità assoluta. Con i soldi degli interventisti Mussolini fonda poi un nuovo giornale “il Popolo d'Italia”. Il 26 aprile 1915 Antonio Salandra aderisce alla triplice intesa tra Gran Bretagna, Russia e Francia e firma, all'insaputa del parlamento, il patto di Londra: in caso di vittoria andranno all'Italia il Trentino Alto-Adige, la Venezia-Giulia e l'Istria e la maggior parte delle isole della Dalmazia e anche un generico protettorato dell'albania. Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiara guerra all'Impero Austro-Ungarico, ma non alla Germania; lo farà nel 1916. L'impero Austro-Ungarico viene sconfitto e smembrato ma l'Italia non ottiene tutto ciò che gli era stato promesso (per questo il poeta d'annunzio la chiama vittoria mutilata), nasce quindi un malcontento che spianerà la strada al fascismo.