LIBERTA' DI PROSELITISMO
L'art. 26 riconosce ai lavoratori la libertà di svolgere opera di proselitismo (propaganda, orale o scritta, raccolta di contributi e iscrizioni, ecc.) in favore delle proprie organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro, ma senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale. Si tratta di un naturale svolgimento, da un lato, del principio posto dall'art. 1 della stessa legge che riconosce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero anche all'interno dei luoghi di lavoro e, dall'altro, di quello di libertà sindacale all'interno degli stessi luoghi posto dall'art. 14. L’esercizio di questo diritto non sospende l’obbligazione lavorativa e i poteri che il contratto di lavoro attribuisce all’imprenditore non possono essere utilizzati per impedire od ostacolare l’esercizio dell’attività di proselitismo. L’art. 26 sfugge alla logica selettiva del titolo III dello Statuto dei lavoratori: il diritto al proselitismo e alla raccolta dei contributi sindacali sono, infatti, riconosciuti a tutti i lavoratori. Un altro aspetto regolato dall’art. 26 è relativo ai contributi sindacali. Questi sono le quote che ciascun iscritto è obbligato a versare all’associazione sindacale per costituire il fondo comune dell’associazione. Si tratta, pertanto, di un’obbligazione liberamente assunta con l’iscrizione (a differenza del contributo sindacale dovuto durante il regime corporativo, che aveva natura di vero e proprio tributo e obbligava anche i lavoratori non iscritti).